AMMINISTRATIVE A PIOMBINO: L’ANALISI DI ANDREA PANERINI
Piombino (LI) – Pubblichiamo l’analisi politica del voto alle ultime amministrative a Piombino di Andrea Panerini, per capire come questa vittoria della coalizione guidata da Francesco Ferrari è stata vista “da sinistra”.
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Piombino ha svoltato a destra. Ce ne dobbiamo fare una ragione: dopo 75 anni di governi cittadini PCI-PDS-DS-PD era inevitabile un cambio di linea e di personale amministrativo. E tutto questo è avvenuto con una campagna elettorale molto dura da parte dei supporters di entrambi gli sfidanti al ballottaggio (PD e satelliti da un lato; Lega, civici e satelliti dall’altro) con offese personali ed adesioni fideistiche sui social.
Se Tempestini, vittima sacrificale degli errori e delle lotte intestine del PD, non ha fatto altro che rivendicare, anche se talvolta con un pudore assai reticente, il “buon governo” di Piombino, l’inevitabilità di alcune scelte evitabilissime e ha dato del “fascista” all’avversario per non dover parlare dei veri problemi di Piombino, che anche un sordo e un cieco avrebbero inteso, dall’altra parte Ferrari, che quei problemi ha tenuto presente fin troppo bene e ha messo insieme una coalizione plurale di destra pura, di moderati e di “civici” che provenivano da sinistra, ha parlato della sua missione di “cambiare Piombino” che molti dei suoi sostenitori hanno cambiato in “liberare Piombino”.
Ora, Piombino è stata liberata nell’estate del 1944 da Alleati e partigiani e non certo dal Ferrari e camerati: il partito che ha dominato la politica piombinese per 75 anni lo ha fatto sulla base di libere e democratiche elezioni. Ma, se è vero che Piombino non è stata liberata dall’avvocato di Fratelli d’Italia, non è nemmeno ragionevole dargli propositi di uso di olio di ricino e di invio dei dissidenti al confino.
Le categorie fascismo/antifascismo sono troppo preziose – e dovrebbero essere adoperate dagli storici e non dai politici – per usarle in maniera scriteriata come è stato fatto da entrambi gli schieramenti: anche se, alla fine, quello che ne ha più beneficiato è stato proprio Ferrari. E’pur vero che questa svolta a destra dell’elettorato piombinese è stata fatta con dei paraventi civici e con una nuova narrazione: lo dimostra il misero 1,84% della lista di Fratelli d’Italia che, pur potendo vantare la tessera del candidato vincente, riscuote un risultato deludente e rimane esclusa dal Consiglio Comunale mentre si sono saputi chiedere ed ottenere la maggior parte dei voti dei cittadini che al primo turno avevano votato 5 stelle.
Se poi consideriamo l’ottimo – ma non sufficiente ai fini del governo cittadino – risultato di Rifondazione Comunista, in crescita al 7,06% e la tenuta (seppure senza seggi per l’assurda legge elettorale degli enti locali) dei moderati laici di Spirito Libero al 4,88% possiamo dire che la sinistra, anche quella radicale, non è scomparsa dall’elettorato piombinese e anzi viene premiata per la tenacia e la coerenza (come non aver mai accettato accordi elettorali con il PDS-DS-PD dal 1991 ad oggi) e anche per la scelta di essersi presentata con il simbolo storico del movimento dei lavoratori, ovvero la falce e il martello. A Livorno, dove il PRC si è nascosto dietro a liste civiche e novità nazionali fallimentare come La Sinistra, il risultato è stato ben peggiore (1,78% e nessun consigliere).
Ferrari è riuscito abilmente ad intercettare due fattori essenziali: la voglia di novità, fisiologica in una Città governata da 75 anni dallo stesso partito, e il forte malcontento sia socio-economico che ambientale.
La discarica di Rimateria è soltanto l’ultimo dei fallimenti epocali da parte di amministrazioni che negli ultimi 15 anni avevano promesso ben altre “svolte epocali” realizzandone soltanto una ed in negativo, ovvero la chiusura dell’altoforno nel 2014. Massimo Giuliani, un buon allenatore di nuoto inspiegabilmente prima nominato assessore allo sport e al Bilancio e poi proposto come Sindaco, è stato il sindaco dell’immobilismo e dei rifiuti e un altro ex assessore della giunta Anselmi, Anna Tempestini, l’erede designata a riceverne lo scotto. Nel fallimento e nella sconfitta epocale del PD a Piombino i colpevoli sono molti, ma uno spicca su tutti: il rancoroso e intrattabile ex sindaco e attuale consigliere regionale Gianni Anselmi.
Ha governato la città dal 2004 al 2014 con esiti che non si può far altro che definire pessimi e disastrosi, promettendo molto e non realizzando nulla se non, come già detto, in negativo. Si è fatto eleggere in maniera quasi plebiscitaria Consigliere Regionale nel 2015 al posto del passabile Matteo Tortolini, promettendo una difesa a spada tratta del territorio ma poi ha banchettato con le dichiarazioni offensive del Governatore Enrico Rossi (che per fortuna del PD non è ricandidabile nelle regionali del prossimo anno) e non si è quasi mai fatto vedere quando le cose hanno cominciato a prendere una brutta piega.
“La vittoria ha sempre molti padri, mentre la sconfitta non ne ha nessuno” scriveva John Keats all’inizio del XIX secolo. Ma in questo caso, appunto, almeno due vanno indicati: oltre al già citato Anselmi, anche il Segretario federale del PD, Massimiliano Roventini, che tuttavia non ritiene che la sconfitta non gli sia riferibile e ha già annunciato che non si dimetterà dalla comoda poltrona.
Resta, per una persona di sinistra come me, il rammarico che le macerie dell’amministrazione Anselmi-Giuliani e il vento di cambiamento non abbia interessato in modo più decisivo la sinistra radicale ma sia stata convogliata in una coalizione di destra. Francesco Ferrari ha una eredità molto pesante e pochi mezzi per poter realizzare il suo ambizioso programma, al di là delle futili parole quali “più sicurezza” (notoriamente la pubblica sicurezza è in mano ai rappresentanti del Ministero dell’Interno e non al sindaco) e “meno inquinamento”.
Lo aspettano cinque anni di fuoco dove può rapidamente perdere i consensi così repentinamente acquisiti più per merito degli errori e debolezze altrui che per il suo irresistibile fascino politico. Oppure può fare un lavoro almeno discreto in una città che ne ha disperatamente bisogno. L’unico consiglio che mi sento di dargli è quello che il Talleyrand diede agli uomini di legge due secoli fa: “Surtout, pas de zèle – soprattutto non troppo zelo”. Buon lavoro.
Andrea Panerini