I PRINCIPI GAETANO E ANTONIO BONCOMPAGNI LUDOVISI, SAN PAOLO DELLA CROCE E LE CLARISSE PIOMBINESI

Antonio Boncompagni Ludovisi

Gaetano Boncompagni Ludovisi

San Paolo della Croce

Antonio Boncompagni Ludovisi

Piombino (LI) – Continuiamo con gli articoli divulgativi di storia piombinese a cura di Nedo Tavera. In questo numero si narra della principessa Eleonora Boncompagni Ludovisi e le rimostranze degli anziani piombinesi. Le puntate precedenti possono essere consultate qui, qui, qui, qui, qui, a questo link e a questo.

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 I PRINCIPI GAETANO E ANTONIO BONCOMPAGNI LUDOVISI, SAN PAOLO DELLA CROCE E LE CLARISSE PIOMBINESI

Gaetano e Antonio Boncompagni Ludovisi furono gli ultimi due Principi regnanti del loro lignaggio; il primo, figlio della Principessa Eleonora, governerà per oltre trent’anni, il secondo, figlio del primo, attraverserà tutta la stagione rivoluzionaria e parte della bufera napoleonica, e lascerà a sua volta come erede suo figlio, Luigi, pretendente al trono, il quale non potrà mai governare e sarà infine deposto dal Congresso di Vienna, nel 1815. Gaetano, succeduto alla madre nel 1745, ebbe in sposa Laura Chigi della Rovere e ricoprì importanti incarichi amministrativi e diplomatici conferitigli dal Re di Napoli, in virtù dei quali s’impose come personalità di notevole rilievo, soprattutto in qualità di ambasciatore alla corte di Spagna. Prestò giuramento di fedeltà e vassallaggio a Ferdinando VI, come Principe di Piombino, nel 1746, in piena guerra di successione austriaca, scoppiata per l’ascesa al trono di Maria Teresa.

Gaetano Boncompagni Ludovisi

Amante del fasto, delle arti, alla maniera dei sovrani “antico regime”, egli si distinse per marcate assenze dal Principato, dovendo dividersi fra il governo di Piombino, del Ducato di Sora e di altri feudi nel Frusinate, governo che demandò ad altrettanti procuratori. Ovviamente, egli preferì assolvere i suoi incarichi presso le corti di Napoli e di Spagna, amando infine crogiolarsi nella pomposità dei grandiosi palazzi romani. Morì a Roma nel 1777. Il suo governo probabilmente lasciò a desiderare e non viene ricordato per eccezionali imprese: «Furono fatte delle opere di pubblica utilità in Piombino, tra le quali il nuovo orologio, la ripulitura dei pozzi e delle cisterne, e il risarcimento di alcune fabbriche, appartenenti allo stato, le quali minacciavano rovina».  (L. Cappelletti, 1897).

Ad ogni modo, si tenga presente che gli studi e le ricerche sul governo piombinese, sia della dinastia Boncompagni Ludovisi sia di quella dei d’Appiano, sono fermi a quanto ha portato avanti nella sua Storia, con il suo personale senso critico, Licurgo Cappelletti; pertanto, è d’obbligo evitare considerazioni e giudizi affrettati su personaggi storici tutt’altro che conosciuti a fondo.

Un importante evento storico da segnalare, e da tramandarne la memoria, aveva avuto inizio durante il regno della pia Principessa Eleonora e si era protratto per diversi anni in quello di suo figlio Gaetano: le predicazioni di San Paolo della Croce presso il Monastero di Santa Anastasia di Piombino. Proprio questo Istituto delle Monache Clarisse vivrà, durante il governo di Eleonora e di Gaetano, una stagione veramente memorabile grazie alla frequentazione di Paolo della Croce, fondatore della Congregazione dei Passionisti, ed alla sua fama di santità.

Il ministero del Santo in Italia, e quindi a Piombino, s’inserisce nel quadro storico occidentale particolarissimo nel quale l’influenza illuminista, che stava impregnando filosofia e politica, scienze ed arti, spingeva alla formazione di una società basata su nuove fondamenta culturali e proprio con esclusione della fede.

San Paolo della Croce

In estrema sintesi, la storia del Monastero di Santa Anastasia inizia nel Seicento, essendo stato fondato su iniziativa, pare, di Isabella de Mendoza, la Principessa implicata nella congiura per l’assassinio del marito, Alessandro I Aragona Appiano. In un primo momento l’istituzione monacale doveva nascere a Populonia, ma infine fu preferito erigerla dentro le mura di Piombino, che garantivano maggiore sicurezza contro i molti pericoli derivanti dall’esterno.

Correva l’anno 1607 e l’opera, terminata nel 1610, venne realizzata in aderenza alla Chiesa Arcipretale Abbaziale di Sant’Antimo, adesso distinta come “sopra i Canali”, in fondo alla cui unica navata fu realizzato il matroneo. Questo era formato da un loggiato, sostenuto da quattro colonne di granito, intercomunicante col Monastero, in modo che le Monache potessero accedervi riservatamente per assistere in separata sede alle funzioni religiose. Il tutto si può vedere oggi restaurato, unitamente all’intera aula ecclesiale, la quale è stata di recente concessa assurdamente in proprietà a privati. Nella Chiesa vi erano stati sepolti lo stesso Alessandro d’Appiano, il Principe Gio. Battista Ludovisi ed altre autorità e notabili.

La fondazione, di cui stiamo parlando, ebbe la dedicazione alla Patrona della città, Santa Anastasia, e fu la sede stabile, dal 1616 al 1806, di conventuali, inizialmente Cappuccine, ma, dal 1618, di Monache Clarisse, le Monache di clausura di Santa Chiara. Il luogo claustrale ha avuto dal Settecento notevole risonanza in ambito ecclesiastico per la fama acquisita relativamente a San Paolo della Croce, il quale, già in odore di santità, vi fu chiamato dal Vescovo di Massa e Populonia alla predicazione, esercitandovi anche la direzione spirituale delle Monache.

La vita di San Paolo della Croce (1694-1775) alias Paolo Francesco Danei di Ovada (AL) «si svolge nel secolo XVIII, il secolo dei lumi, nel quale un mondo stava per finire e un altro stava per nascere. Instancabilmente egli chiama la Chiesa e particolarmente i suoi responsabili a rinnovarsi, in vista dei tempi nuovi e delle nuove battaglie che si preparano. Capace di unire contemplazione e azione pastorale, fondatore di congregazioni e direttore spirituale di un gran numero di anime sante, Paolo della Croce è comunemente riconosciuto come uno dei mistici più illuminati della Chiesa» (A. Lippi C.P., 1993). «Il cognome religioso “Della Croce” prevale su quello civile perché il programma della sua vita è capire e annunciare il mistero della croce e passione di Gesù Cristo. Mistero che consiste nell’amore di Dio per l’umanità. […] Per ricordare questo mistero, Paolo Danei della Croce sperimenta l’amore del Crocifisso nella preghiera e nella penitenza, lo predica in circa trecento missioni percorrendo l’Italia dal Piemonte alle Puglie, scrive cinquantamila lettere, fonda gli istituti dei religiosi passionisti e delle monache passioniste. Una vita vulcanica in nome dell’amore che è l’AMORE: Cristo crocifisso. Succede in pieno 1700. Una provocazione al “secolo dei lumi” che esalta lo strappo della vita umana da ogni riferimento religioso» (G. Cingolani C.P., 1994).

Nel 1720, il Santo ricevette l’abito eremitico dal vescovo di Alessandria e scelse come primo ritiro spirituale un eremo sul Monte Argentario, poi un secondo romitorio dove si formò la prima comunità passionista e presso cui nascerà il Ritiro definitivo: un Convento che diverrà centro spirituale e Casa madre dei Padri Passionisti. Consacrato sacerdote nel 1727, morì a Roma come Superiore Generale della Congregazione, nel 1775; fu beatificato nel 1853 e canonizzzato nel 1867. «Il monte Argentario non aveva attratto Paolo soltanto per la prospettiva di una profonda solitudine adatta alla contemplazione, ma anche per la povertà e l’abbandono in cui versavano le terre vicine, povertà di cui oggi è difficile farci un’idea. […] Da Livorno a Civitavecchia si estendeva la Maremma, terra di malaria, cioè terra di miseria, di malattie e di morte» L’apostolato ufficiale di San Paolo «cominciò veramente dagli ultimi, dai più poveri fra i poveri e per questo fu straordinariamente benedetto da Dio» (A. Lippi C.»P., 1993).

Il Vescovo di Massa e Populonia, Eusebo Ciani, invitò più volte Paolo della Croce a predicare a Piombino, anche in occasione della Quaresima; e il Santo, il 16 dicembre 1732, scriveva da Viterbo ad una suora di Pitigliano: «Ai 28 corrente si parte a fare la S. Missione in Piombino e suo Stato, e sino ai 4 febbraio dell’anno venturo, non saremo in Orbetello». Come frutto spirituale delle missioni su suolo piombinese risalta, fra le altre, la figura di una Monaca, Suor Maria Cherubina, ampiamente trattata nella letteratura riguardante l’opera del Santo e dei Padri Passionisti. Suor Maria Cherubina, al secolo Anna Maria Bresciani, era nativa di Piombino ed apparteneva ad una delle migliori e più facoltose famiglie cittadine, figlia del Dr. Giovanni Domenico e di Caterina Falchi (N. Tavera, 1999).

Nello specifico registro parrocchiale dell’Archivio Storico di San’Antimo di Piombino non compare la data della morte di Suor Cherubina: come accadeva sovente relativamente alle conventuali di clausura, se ne tralasciava l’annotazione. Ella sopravvisse comunque a San Paolo, avendo fornito, nel 1776, all’età di 79 anni, una deposizione processuale per la di lui canonizzazione; del Santo ha lasciato ben 46 lettere private, inviatele fra il 1733 ed il 1761, ripetutamente trascritte in varie pubblicazioni. Oltre alla detta corrispondenza, vi è poi quella intrattenuta fra uno dei primi e più devoti discepoli di San Paolo, Padre Fulgenzio di Gesù, e Suor Cherubina, in cui si registrano solitamente i sensi di riconoscenza verso la generosità del Monastero di Piombino, il quale, attraverso la Religiosa inviava periodicamente la carità al Ritiro dell’Argentario; povera carità in natura, olio d’oliva, fichi, legumi, ma anche elemosine, indumenti liturgici confezionati dalla monache od altro, che suggellavano un rapporto di cordialità a distanza fra l’intero Monastero piombinese e i Padri dell’Argentario.

San Paolo della Croce era solito predicare in varie parti d’Italia e a dirigere spiritualmente religiosi e laici; fra questi ultimi, interessa per la storia locale il diciottenne elbano Francesco Antonio d’Appiano, imparentato coi Signori di Piombino, il quale, all’età di ventiquattro anni, stante l’opposizione della propria famiglia, seguì il Santo, prendendo l’abito della Congregazione e divenendo uno dei suoi più validi collaboratori.

La Chiesa di San’Antimo sopra i Canali, monumento capitale piombinese, il più antico edificio religioso cittadino, raro esemplare di gotico primitivo, risalente alla prima metà del Duecento, ha subito un’integrale trasformazione interna nel 1810, sotto il Principato di Elisa Bonaparte, per essere adattato a nosocomio, rimasto continuamente attivo fino ai primi anni ’90 del secolo scorso.

Proprio con l’avvento dell’era napoleonica può dirsi concluso il regno piombinese di Antonio Boncompagni Ludovisi e della sua progenie. Egli, nato nel 1735, succedette al padre, Gaetano, nel 1777, e fu unito in matrimonio con Giacinta Orsini Duchessa di Gravina e successivamente con Vittoria Sforza Cesarini. Antonio non ebbe che pochi anni per legiferare nel proprio Stato, e probabilmente ebbe entusiasmo nel governare, malgrado gli impressionanti avvenimenti politici del suo tempo, avvertendo sicuramente i prodromi del prossimo ribaltamento dell’ordine costituito

Il Principe Antonio, risiedendo a Roma, fu poco presente a Piombino per cui decise di farvi presiedere un governatore generale. Licurgo Cappelletti lo definisce così: «Fu uomo di non mediocre ingegno, e amante dell’architettura e delle belle arti. […] Fu fastoso, ma anche liberale coi poveri; […]. Prima di morire, raccomandò al figlio di dedicarsi alla felicità de’ suoi popoli […]. Religioso come il padre, don Antonio emanò da Roma, in data del 9 agosto 1779, un decreto col quale ordinava la scrupolosa osservanza dei giorni festivi, e stabiliva pene severissime contro coloro i quali vi avessero contravvenuto». Vale la pena rilevare anche un suo decreto, emanato nel 1781, con il quale vietava i giochi d’azzardo. Sembra che questi fossero divenuti una pericolosa abitudine fra i giovani Piombinesi, per cui gli Anziani pregarono il Principe di mettervi un giusto freno. La drastica legge emanata dal Sovrano prevedeva sanzioni molto severe, fra le quali una delle torture allora più infami e comuni: «Tra le varie pene comminate, eravi pure quella di tre tratti di corda da darsi in pubblico avuto però riguardo – dice il decreto – alle circostanze e alla qualità delle persone» (L. Cappelletti, 1897).

Siamo prossimi alla Rivoluzione Francese e Cesare Beccaria da tempo aveva dato alle stampe Dei delitti e delle pene (1764). Lo spirito illuminista del libro e la sua grande diffusione avevano scosso profondamente le coscienze del mondo, provocando perfino nel Granducato di Toscana, per primo nella storia, nel 1786, l’abolizione della pena di morte dal codice penale. L’assimilazione del pensiero illuminista, ampiamente estesa nel Nord dell’Italia, a Milano come a Firenze, non si dava certo per scontata nell’ambito dello Stato Pontificio, come si evince dai criteri giudiziari ivi adottati e da quanto decretava, ad esempio, Antonio Boncompagni Ludovisi nel 1781, a proposito dei “tre tratti di corda” per il reato di gioco d’azzardo.

Il 14 luglio 1789, il popolo parigino si rivolta e prende la Bastiglia, dando una prima grande spallata all’assolutismo monarchico. Da quel giorno l’Europa inizierà a cambiare volto. Intanto, Piombino sarà occupata dagli Inglesi (1796), poi dai Francesi (1799) e vedrà proclamata immediatamente la Repubblica. Dopo un’effimera restaurazione di Antonio Boncompagni Ludovisi, sorretta dalle milizie napoletane, il 27 ottobre 1800 le truppe napoleoniche riespugnarono la città e la presidieranno stabilmente. Nel 1803, lo Stato di Piombino fu riunito all Repubbllica Francese per decreto del generale Gioacchino Murat.

Nel 1805 si ebbe l’avvento di Elisa Bonaparte al trono del ricostituito Principato di Piombino, per decreto di Napoleone del 18 marzo; il 26 aprile dello stesso anno si spegneva, a Roma, Antonio Boncompagni Ludovisi, lasciando al figlio, Luigi, spodestato, il titolo di Principe e la pretesa ad un regno che sarà cancellato dal Congresso di Vienna, nel 1815, il quale sancì l’annessione di Piombino e del suo territorio alla Toscana granducale.

Nedo Tavera

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Scritto da il 13.7.2021. Registrato sotto cultura, Foto, ultime_notizie. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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