CELEBRAZIONI PER IL 65° ANNIVERSARIO DELLA BATTAGLIA DI PIOMBINO
La celebrazione del 65° anniversario della Battaglia di Piombino che si è svolta domenica mattina nella sala consiliare del comune alla presenza del sindaco Gianni Anselmi dal presidente nazionale Anci e sindaco di Firenze Leonardo Domenici, è stata l’occasione per ribadire con forza il valore dei principi resistenziali, base della nostra carta costituzionale e del patrimonio di libertà, di democrazia, di sentimento di unità che la anima.
A Piombino le due città insignite di medaglia d’oro, hanno scelto di festeggiare insieme la ricorrenza dell’importante episodio resistenziale della Battaglia di Piombino, per ricordare che la Storia può diventare un terreno di incontro e può davvero rappresentare una base importante per costruire una memoria veramente condivisa, se non viene brandita come arma politica.
“Non c’è futuro senza memoria – ha affermato il sindaco Anselmi, evidenziando come le origini della nostra Repubblica scaturiscano dal patrimonio di libertà e di anelito di giustizia che stanno alla base della resistenza.
Concetti che Domenici ha ribadito e ampliato nel corso del suo intervento, affermando che le parole del Presidente della Camera Gianfranco Fini sul fascismo e Salò sono il presupposto “per un’identità condivisa”.
“Affermare che al di là delle valutazioni soggettive di chi allora si trovò coinvolto nella catastrofe dell’8 settembre, c’era chi stava dalla parte giusta storicamente, eticamente e politicamente parlando, e chi stava dalla parte sbagliata è un fatto molto importante – ha sostenuto il Presidente ANCI Domenici – Da questo punto di vista anche una riflessione sulle componenti che parteciparono alla lotta di resistenza non può minimamente scalfire o modificare questo giudizio. Nella resistenza c’era un comune sentire antifascista che si espresse contro la tirannide e contro la guerra per ridare una nuova dignità a livello nazionale e internazionale all’Italia, una nuova idea di patria fondata sui principi di libertà e di democrazia”.
Domenici ha infatti richiamato le diverse forme di resistenza civile dal 1943 in poi, la resistenza di molte università italiane che si rifiutarono di prestare fedeltà al regime, gli scioperi del marzo 1943 e tanti altri episodi che evidenziano il comune senso di opposizione al fascismo che emerse con forza in quegli anni.
Una resistenza che scaturiva da una situazione di grande drammaticità, provocata dalla seconda guerra mondiale, e in opposizione a una cultura e una simbologia delle morte e della guerra, di cui il fascismo era espressione.
Dai due sindaci è emerso quindi un appello forte al leale rispetto della verità, basata non su asserzioni astratte ma sui documenti storici, perché questa possa rappresentare la base di una vera pacificazione.