VENTURINA: GIANCARLO CASELLI PARLA DI «GIUSTIZIA E LIBERTA’»

Mercoledì 17 maggio presso la saletta comunale di Venturina è stato organizzato un incontro con il giudice Giancarlo Caselli dal titolo “libertà e giustizia”.

All’incontro al quale hanno partecipato numerosissime persone provenienti da tutti i comuni della Val di Cornia, Caselli ha esposto tutti i suoi dubbi sulla nuova legge sulla giustizia che è in discussione in questi giorni nelle due camere.

Il giudice ha subito esordito «L’abitudine diffusa anche nei vertici delle istituzioni, di delegittimare e insultare la magistratura in quanto tale, al punto di definire i magistrati come “pazzi”, rischia di causare una grave ferita al sistema di convivenza civile». Le critiche all’operato dei giudici, aggiunge, sono più che legittime,
ma «tutt’altra cosa sono l’accusa apodittica, l’insulto o l’arte della confusione delle parole, quella, ad esempio, che chiama “assoluzione” la prescrizione o la condanna per una parte soltanto degli addebiti».

Per Caselli contro la giustizia italiana si stanno vibrando «colpi micidiali».
«Le offese alla magistratura portano ad una sfiducia pregiudiziale nella popolazione. L’intervento giudiziario viene così valutato sull’utilità che può avere per i politici e non nel merito. Cioè se ad un politico l’opera del magistrato è utile nei confronti dell’altro schieramento allora l’opera di questo magistrato sarà esaltata altrimenti sarà accusato di strumentalizzazione e attacchi a quello o all’altro partito».

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«I magistrati sono in sciopero perché ritengono la riforma alla legge elettorale in discussione nelle camere concettualmente sbagliata: Stanno proponendo una legge che non è mirata a tutti i cittadini e che preferisce avere un giudice che esaudisce ed ha un occhio di riguardo “per qualcuno” ed è spietata con tutti gli altri».

«I contenuti della “riforma” – continua Caselli – sono noti: trasformazione dei magistrati in burocrati selezionati con procedure concorsuali e organizzati in modo gerarchico, separazione di fatto delle carriere di giudici e pubblici ministeri, fine dell’azione penale diffusa, con la definitiva scomparsa dei “Pretori d’assalto”, e ripristino del potere assoluto dei procuratori della Repubblica, emarginazione del Consiglio superiore, introduzione di un controllo politico sui magistrati mediante la previsione di ipotesi di responsabilità disciplinare addirittura per l’attività interpretativa sgradita. Ed è altrettanto noto l’obiettivo perseguito: far tornare la magistratura ad essere, come negli anni ’50 e ’60, “un corpo burocratico chiuso, cementato da una rigida ideologia di ceto: un “corpo separato” dello Stato, collocato culturalmente, ideologicamente e socialmente nell’orbita del potere, che veniva avvertito come ostile dalle classi sociali subalterne ed avvertiva esso stesso queste medesime classi come ostili»

«La posta in gioco quindi è la concezione della democrazia pluralistica fondata sull’equilibrio dei poteri. Serpeggia una nuova tendenza che vede primeggiare la politica sulla magistratura. L’attacco è talmente marcato che è arrivato a mettere in discussione perfino le decisioni della corte costituzionale come è avvenuto qualche tempo fa la posta in gioco quindi l’essenza del costituzionalismo moderno impostato a tutelare ogni minoranza, come è attualmente con gli equilibri costituzionali».

«Nella nuova legge – aggiunge il procuratore – tutte le riforme proposte non vanno ad accorciare la durata dei processi che quando questi superano i 10 anni di durata non si possono chiamare «giustizia» ma «delegata giustizia», ma anzi la peggiorano e l’allungano. Tutto questo mi fa pensare che le riforme non siano studiate per la giustizia ordinaria, ma siano pensate per la giustizia che interessa soltanto qualcuno».

Caselli ha poi concluso leggendo il discorso di Pericle agli ateniesi del 461 a.c.:

«Qui ad Atene, noi facciamo così:
Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi, per questo è detto democrazia.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private.
Ma in nessun caso si avvale delle pubbliche cariche per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così:
Ci è stato insegnato a rispettare i magistrati e c’è stato insegnato a rispettare le leggi, anche quelle non scritte la cui sanzione risiede soltanto nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso.
La nostra città è aperta ed è per questo che noi non cacciamo mai uno straniero,
Qui ad Atene noi facciamo così».

«Bene, – conclude Caselli – noi non dobbiamo tornare con la magistratura agli anni 50 o 60, dobbiamo tornare al 461 avanti Cristo vale a dire 2458 anni fa».

Fra le varie domande fatte a Caselli ha colpito quella di un direttore di banca che è stato rovinato nella vita e negli affetti da un errore giudiziario che lo ha fatto stare 4 anni in regime di carcere duro e che ora attende un risarcimento dallo stato. Caselli pur comprendendo il dolore di questa persona ha fatto notare che l’ordinamento italiano con tutte le sue lacune è un ordinamento democratico perché una singola persona viene giudicata da più persone, (I° grado, II° grado, tribunali della libertà, ecc.) e che questo va apprezzato anche se ovviamente una macchina così complessa prende il suo tempo, anche per i mezzi economici inadeguati.

Certo è che nei panni di un innocente dieci anni (ma anche un solo giorno) sono un tempo interminabile che rovina l’uomo sia nel lavoro che negli affetti, e l’attesa della sentenza una cosa così tremenda, che nella mente di ogni giudice deve sempre essere presente lo spirito della «missione» a cui è chiamato ogni giorno.

Scritto da il 20.5.2004. Registrato sotto Senza categoria. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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