10 OTTOBRE 2003: SAN CERBONE, LA STORIA DI UN SANTO

Venerdì 10 ottobre, la diocesi di Massa Marittima – Piombino festeggia il suo Santo Patrono: San Cerbone.

Per monsignor Santucci, questa festa è di un grande significato per la comunità diocesana di Massa Marittima Piombino perché è l’occasione che la comunità diocesana si incontra dei suoi componenti.

Questo è significativo con la presenza di tutte le comunità parrocchiali, tutti i sacerdoti, tutti i sindaci dei comuni della nostra diocesi, i tre prefetti delle province che la compongono.

Saranno presenti i vescovi toscani, Il Nunzio Apostolico in Italia Sua Ecc. Mons. Paolo Romeo, Cardinale Bernardin Gatin e l’arcivescovo di Tunis S. Ecc. Mons. Fouad Twal,. La celebrazione solenne avrà luogo nella Cattedrale di Massa Marittima alle ore 11,00.

Dopo la concelebrazione, il vescovo incontrerà i sacerdoti, i prefetti e i sindaci nel palazzo vescovile.

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STORIA DI SAN CERBONE O CERBONIO
(N. Sconosciuta – M. Isola d’Elba c. 575)

Patrono della città e della Diocesi di Massa Marittima, di cui fu vescovo dal 544 ca. fino alla morte.
Chi sceglie di iniziare il suo viaggio da Massa Marittima scopre un vescovo che ammansiva gli orsi, mungeva le cerve, si faceva scortare fino alla soglia di San Pietro da oche selvatiche e celebrava la messa all’alba, accompagnato da un miracoloso coro angelico. Figura emblematica, le cui vicende biografiche sono spesso accumunate a quelle dell’arcivescovo africano Regolo, Cerbone è spesso raffigurato con l’attributo delle oche.

La letteratura agiografica su San Cerbone è basata sulle notizie fornite dal quasi contemporaneo San Gregorio Magno (590-604), nel capitolo XI dei suoi Dialogi e dalle biografie medievali relative alla vita di San Regolo (sec. VII o VIII). “Vescovo di Massa Marittima (544 ca.); morì sull’isola d’Elba (575 ca.) dove si era rifugiato alla discesa dei Longobardi; festa 10/10.” è la fin troppo sintetica scheda del Dizionario dei Santi, edito da TEA, dove il santo è chiamato Cerbonio e non vengono fornite altre informazioni.

La sovrapposizione tra le vite di Regolo e Cerbone è probabilmente da ascrivere al periodo successivo alla traslazione delle reliquie del primo santo da Populonia a Lucca, dove sono ancora oggi conservate in San Martino, che avvenne nel 780 d.C.
Probabilmente, venute a mancare le reliquie di Regolo, si rafforzò la devozione popolare per le reliquie di Cerbone, che da Populonia, distrutta nel 809 da un’incursione saracena, vennero portate a Massa Marittima dopo l’elevazione di quest’ultima a sede vescovile. Nella tradizione locale, quindi, la vita del vescovo di Populonia venne accumunata alla vita del santo le cui reliquie non potevano più essere oggetto di devozione….Secondo la tradizione, San cerbone nacque in Africa settentrionale da genitori cristiani.

Seguendo la sua vocazione, mentre ancora si trovava nel suo luogo d’origine, si fece ordinare sacerdote dall’Arcivescovo Regolo e in seguito fu lo stesso Regolo a ordinarlo Vescovo. Ma a causa delle persecuzioni dei Vandali ariani, dominatori della zona, la comunità cristiana locale si disperse e Cerbone, insieme a Regolo e al vescovo Felice con alcuni presbiteri, fuggì in Italia.

Sorpresi da una tempesta durante la navigazione, si narra che i sacerdoti approdarono fortunosamente sul litorale toscano, dove condussero vita eremitica, finché una tragica vicenda non turbò il loro ritiro: durante la guerra greco-gotica che opponeva i Bizantini cristiani al paganesimo dei Goti, Regolo fu imprigionato e decapitato con l’accusa di aver favorito i Bizantini. Alla morte del vescovo di Populonia, Fiorenzo, i cittadini e i chierici vollero Cerbone come nuovo vescovo. Dopo varie reticenze, egli accettò la Cattedra Episcopale. Avvenne però che il Beato Cerbone celebrasse la Messa del mattino troppo presto e che il popolo che abitava nei villaggi non potesse prendervi parte.
Irritato per questa abitudine il popolo si rivolse a Papa Virgilio (537-555) che inviò suoi legati a prelevare Cerbone per condurlo innanzi a lui.

La leggenda, riportata nel manoscritto giacente presso la Biblioteca Vaticana al n. 6493, accenna a due miracoli che il Santo operò durante il viaggio. Il primo fu quello delle due cerve che il Beato Cerbone (Lombardi, 1953:21) munse, procurando latte ai Legati che, estenuati dal viaggio stavano per morire di sete e si erano a lui raccomandati. L’altro nei pressi di Roma, quando guarì tre uomini colpiti da febbri perniciose. I Legati pertanto, andati ad annunziare l’arrivo di Cerbone al Papa, narrarono quanto aveva fatto Cerbone durante il viaggio. Ammirato e timoroso, il Pontefice con le pianete, l’incenso, litaniando e salmodiando, gli andò incontro. Fu in tale occasione che Cerbone manifestò un altro prodigio: incontrate delle oche selvatiche, fece su di loro il segno della croce così dicendo: “Non abbiate facoltà del Signore di volare in altro luogo, finché non sarete venute con me alla presenza del Signor Papa…”. E così fu: le oche lo accompagnarono e vennero offerte come piccoli doni della Chiesa di Populonia. Solo quando il Beato Cerbone fece il segno della Croce su di loro e le licenziò, le oche si innalzarono in aria e volarono via.” (Paolo Pisani – Santi, Beati e Venerabili nella provincia di Grosseto – Edizioni Cantagalli).

La leggenda prosegue, narrando che il Papa volle assistere di persona alla messa dell’alba, dopo aver trascorso la notte in preghiera con il Santo. Poté così assistere al miracolo del coro angelico, levatosi melodioso al momento dell’eucarestia. Concesse quindi a Cerbone di proseguire nella sua usanza e di rientrare a Populonia. Come era già successo al suo maestro Regolo, anche Cerbone venne accusato di proteggere i Bizantini e il re dei Goti, Totila, famoso per la sua crudeltà, comandò che Cerbone venisse condotto nel bosco e dato in pasto ad un orso. L’animale, alla sua vista, invece di assalirlo, piegò il collo e con la testa umilmente abbassata, iniziò a leccare i piedi di Cerbone. Totila, che aveva voluto assistere personalmente all’ esecuzione del suo ordine, dispose immediatamente la sua liberazione. Nel 573 l’arrivo dei Longobardi sconvolse nuovamente la diocesi e causò la fuga di Cerbone con il suo clero alla vicina isola d’Elba, controllata dai Bizantini.

Vicino alla morte, il Santo Vescovo, nell’ottobre del 575, chiede come ultimo desiderio di essere sepolto in una chiesetta del Golfo di Baratti, sotto Populonia. Al timore espresso dai suoi seguaci d’incontrare i soldati longobardi, Cerbone li rassicura e prima di spirare dirà loro che vadano tranquilli poiché non capiterà loro alcun guaio.

E così si assiste all’ultimo miracolo. Non appena la barca con le spoglie del santo si avvicina alla costa di Populonia, il cielo narra la leggenda, diventa nero come la pece e scoppia una furiosa improvvisa burrasca, che impedisce la visibilità e fa approdare il gruppo del tutto inosservato nel golfo di Baratti. Fra l’altro, nonostante la gran pioggia, sulla barca non cade nemmeno una goccia d’acqua. Protetti anche da una fitta nebbia, i fedeli non incontrano nessuna pattuglia longobarda, raggiungono la chiesa, seppeliscono il corpo del Vescovo e se ne tornano nell’isola d’Elba, navigando in un mare liscio come l’olio.” (Paolo Pisani – Santi, Beati e Venerabili nella provincia di Grosseto – Edizioni Cantagalli).

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Scritto da il 10.10.2003. Registrato sotto Senza categoria. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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