GORDIANO LUPI: STORIE DI PIOMBINO “CALCIO E ACCIAIO”
Abbiamo intervistato Gordiano Lupi, fondatore della casa editrice “Il Foglio Letterario” e scrittore di successo.
Calcio e Acciaio è l’ultimo libro di una lunga serie ed è stato il primo a concorrere per un premio prestigioso quale lo Strega; cosa ha in più degli altri? Si aspettava tale successo?
Calcio e acciaio è piaciuto molto al professor Marcello Rotili dell’Università di Napoli, che si è fatto promotore per la presentazione allo Strega; a questo punto si è aggiunto lo scrittore Bompiani Wilson Saba ed è stato possibile averlo in gara. Purtroppo non ce l’ha fatta a finire tra i tredici finalisti, ma va bene lo stesso, è stata comunque una soddisfazione. Credo che il mio ultimo romanzo abbia molto di più degli altri libri che ho scritto: è letteratura pura e non romanzo di genere, è un mix maremmano tra Il posto delle fragole (Bergman) e Alla ricerca del tempo perduto (Proust). In piccolo, chiaro… non sono né Bergman né Proust.
Il romanzo pare imperniato di nostalgia per il passato e di poca speranza verso il futuro, rispecchiando dunque la crisi attuale: cosa diventerà Piombino nei prossimi anni?
Non è vero che nel romanzo c’è poca speranza per il futuro. La figura del marocchino Tarik nel quale il vecchio allenatore si rispecchia rappresenta la speranza per il futuro e la sua storia è il lieto fine del romanzo. Non condivido che sia un romanzo nostalgico, perché non è una storia lacrimosa fine a se stessa, quanto una ricerca delle proprie radici e un concentrato di storie d’amore. Il passato è importante per capire il presente. Piombino spero che risorga dalle ceneri come una fenice, puntando sul turismo e sull’acciaio pulito.
Calcio e Acciaio è un concentrato di elementi: non ci sono solo quelli annunciati dal titolo, ma anche l’immigrazione, l’integrazione, la realtà cubana. Quanto la riguardano tali argomenti?
Il calcio è stato il mio mondo per quasi trent’anni. Ho calcato il rettangolo verde da arbitro e ho riscosso buone soddisfazioni. Immigrazione, integrazione e realtà cubana sono cose che vivo sulla mia pelle e che fanno parte del mio impegno letterario almeno dal 1998, da quando ho conosciuto Cuba e i problemi legati a quella terra. L’acciaio è la mia vita, da buon piombinese, è stata la vita di mio nonno e di mio padre. Ogni romanzo rispecchia il suo autore, come diceva qualcuno: Madame Bovary c’est moi…
La sua casa editrice, Il Foglio Letterario, è in vita da 15 anni (1999): qual è la soddisfazione più grande che ha regalato a lei e agli altri fondatori?
È nata dalla rivista omonima grazie anche all’opera di Andrea Panerini e Maurizio Maggioni, che nel tempo hanno lasciato il posto a molti altri collaboratori. La soddisfazione è stata di cominciare da una rivista locale autoprodotta per diventare un editore distribuito in tutta Italia da PDE e di avere avuto la possibilità di presentare autori al Premio Strega per ben quattro volte. Non solo. Abbiamo lanciato scrittori come Sacha Naspini che adesso pubblicano per Rizzoli.
Alle recenti amministrative ha concorso nella lista Spirito Libero, ottenendo solo quattro preferenze: perché un uomo conosciuto e apprezzato come lei non ha totalizzato più voti?
Non credo di essere conosciuto come politico. La mia era una candidatura di bandiera. Non ho fatto niente per essere votato. A dire il vero preferisco che i piombinesi leggano i miei libri. Scrivere è il mio vero ruolo. Per quel che riguarda Spirito Libero sono contento che l’amico Ferrini abbia ottenuto un grande risultato. Era lui il nostro uomo.