CAMPIGLIA: UN BEL PRIMO MAGGIO AL PARCO SAN SILVESTRO
Un primo maggio vero, festeggiato ricordando Giorgio Leoncini, scomparso dieci anni fa, e la sua concezione del lavoro basata sui diritti.
Così il parco archeominerario di San Silvestro si è animato di echi nordamericani e più propriamente nostrani, attraverso le folk ballads di Dylan e le canzoni al vetriolo di Storia di un impiegato di De Andrè, per finire con una versione molto ritmata di Bella ciao, dedicata a una bella che non c’è più: Luana Rovini, impegnata fino alla fine nella preparazione dell’evento.
All’entrata della festa un’istallazione artistica di Eraldo Ridi ha introdotto i partecipanti al tema propugnato dall’Associazione Ruggero Toffolutti, organizzatrice dell’evento: la sicurezza sui luoghi di lavoro. “Volevamo invecchiare” è il grido che si è metaforicamente alzato dai caschetti colorati disposti in cerchio attorno a un impietoso contatore di morti. Un grido che pare tradito dalla miopia di chi, per calcolo politico o meno, tenta di far passare l’idea che datori e lavoratori siano accomunati dai medesimi interessi, dimenticando che, finchè la produzione industriale vale più della vita umana, la precarietà e, dunque, l’esposizione ai pericoli del lavoro, sono un destino ineluttabile.
In quest’ottica va anche inquadrata la raccolta di firme, promossa dall’Associazione, contro le modifiche apportate dal governo al testo unico sulla sicurezza, che stravolgono lo spirito di garanzia di certi diritti fondamentali sul lavoro, depenalizzando anche alcuni reati e favorendo, alla fine, «l’omicidio sul lavoro».
A dare la sveglia, salendo sul palco, ci ha pensato il duo composto dal cantante rock folk Michael McDermott e dalla violinista e cantautrice Heather Horton, che hanno dato vita a un intreccio di melodie ariose suonate in punta di dita e ritmo incalzante, adatte ad accompagnare testi continuamente in bilico fra impegno, amore e divertimento. Così come il gruppo Jonta, dopo aver improvvisato un accompagnamento per Elena Guidetti ed Erika Gori, che si sono esibite in un pezzo di teatro-danza, hanno cantato alcune canzoni originali di Claudio Jonta, fra cui spicca il ritornello, allegro ma non troppo, «e tu popolo imbrogliato bevi alla bottiglia».
Infine il cantautore Andrea Parodi, dopo un’interpretazione grintosa di “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De Andrè (tanto per ribadire che bisogna essere davvero «coglioni, per non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni») ha eseguito alcune canzoni dal suo ultimo album, “Soldati”. Tutte storie di guerra, lettere commosse scritte dal fronte e pensieri di madri lasciate sole. Racconti che bene si adattano ad una concezione del lavoro come lotta sanguinosa per la sopravvivenza, per cui anche il basilare diritto di poter tornare a casa con il pane guadagnato rimane appeso a un filo.
Matteo Toffolutti