TOSCANA: RICHIEDENTI ASILO ANCHE NELLE CASE PRIVATE

immigrazione profughi extracomunitariFIRENZE – Via libera all’accoglienza dei richiedenti asilo in famiglia. Ora si può. Dieci mesi dopo la prima richiesta che la Regione aveva inviato al Ministero degli interni, gli ultimi nodi sono stati sciolti. Il Viminale ha concesso l’autorizzazione, comunicata dieci giorni fa, e la Regione ha firmato oggi con la prefettura, a Firenze, il protocollo d’intesa che ne costituisce la cornice.

Così da domani, 28 luglio, sarà riaperto il numero telefonico a cui privati e famiglie, intese in senso anagrafico e disponibili ad accogliere un profugo in casa, potranno rivolgersi. E’ la prima esperienza del genere in Italia estesa ad un intero territorio regionale.

Il numero non sarà più quello attivo fino a novembre dello scorso anno, a cui in un paio di mesi si erano rivolti in seicento per mettere a disposizione 250 posti in casa e duecento appartamenti da affittare. Risponde sempre la Regione, ma si dovrà chiamare lo 055.4383030: la prima settimana, fino all’inizio di agosto, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 (il giovedì anche dalle 14 alle 17) ma poi le fasce orarie saranno ampliate.

“Con l’accoglienza in famiglia apriamo una nuova frontiera che rafforza il modello toscano di accoglienza diffusa” sottolinea l’assessore all’immigrazione della Regione, Vittorio Bugli. “Aiuterà anche l’integrazione e la reciproca conoscenza – aggiunge –. Infatti il richiedente asilo diventerà un nome, un cognome e un volto: una persona conosciuta che vive nelle comunità, ancora più di oggi”. “Ora – prosegue – sarà decisivo il coinvolgimento dei Comuni”.

Visita della Asl e poi scelta del gestore
Chi telefonerà dirà dove si trova la casa o l’appartamento, il numero di vani e la composizione del nucleo familiare, anche mononucleare, professione e eventuali lingue straniere conosciute. L’anno scorso avevano telefonato un po’ da tutta la Toscana, dalle città e dalla campagna, dalla montagna e dalle isole. Avevano telefonato i pensionati come le giovani coppie, le famiglie senza e con figli. Successivamente chi ha dato disponibilità sarà ricontattato, nel giro di pochi giorni.

Saranno ricontattati anche tutte quelle persone che si erano fatte avanti l’anno scorso, per capire se rinnovano la disponibilità. Naturalmente, per tutti, dovrà essere verificata l’adeguatezza della sistemazione: ci penserà la Asl in prima istanza, ma potrebbero essere coinvolti anche i servizi sociali comunali. Dopodiché, se ci sarà l’okay di tutti, la famiglia dovrà scegliere l’ente gestore co n cui avviare la collaborazione – ovvero uno tra i soggetti, per lo più associazioni e cooperative, che al momento hanno convenzioni in Toscana con le prefetture per offrire accoglienza ai richiedenti asilo – e quindi prefetture e gestori individueranno insieme chi, tra gli ospiti delle strutture toscane, inserire all’interno del nucleo familiare. Un migrante per casa, al massimo due (salvo casi particolari).

Un posto in famiglia solo per chi è da sei mesi in Italia
Non tutti i profughi, è evidente, potranno essere accolti in famiglia. Di sicuro non ci andrà chi è appena arrivato in Italia. Saranno individuati quelli col maggior grado di autonomia e che meglio conoscono l’italiano, in ogni caso i richiedenti che con il proprio profilo meglio dimostreranno di confarsi alla particolare sistemazione. L’esser in Italia da almeno sei mesi e l’aver dimostrato un comportamento corretto sono i paletti inseriti nel protocollo. Quella in famiglia sarà un’accoglienza di secondo e terzo livello: successiva ai centri di accoglienza temporanea, in qualche caso utile dopo un passaggio magari negli Sprar. Dell’accoglienza in famiglia usufruirà dunque solo una piccola parte degli oramai oltre novemila richiedenti asilo ospiti delle tante piccole strutture disseminate nel territorio toscano, alcuni qui già da due anni oramai, ancora in attesa di una risposta definitiva, tra prima istanza ed eve ntuale appello, alla richiesta di permesso umanitario e protezione internazionale. I posti da questi liberati potranno così essere occupati da eventuali nuovi arrivati.

Chi fa cosa: patto e addendum
Le famiglie dovranno pensare al vitto (colazione, pranzo e cena) e all’alloggio, compresa la pulizia della biancheria. Gli enti gestori continueranno, come ora, ad occuparsi del resto, ovvero corsi di lingua, servizi di accoglienza e pratiche burocratiche. Le prefetture firmeranno una sorta di contratto con gli enti gestori. Questi, a loro volta, sigleranno un patto di solidarietà con le famiglie. Ci sarà pure un addendum, dove famiglie e gestori specificheranno ulteriori dettagli: la ripartizione, ad esempio, dei 35 euro al giorno erogati per ogni richiedente asilo dall’Unione europea (con il parziale contributo dello Stato).

Nel protocollo e patto di solidarietà non è specificato: l’idea, sulla base di una stima dei costi che ciascuno dovrà sobbarcarsi, è di lasciare indicativamente 19 euro al gestore, compresi i 2,5 di pocket money (che è la diaria giornaliera a disposizione dei migranti), e girare alle famiglie i 16 euro che rimangono, che saranno considerati come rimborso spese e dunque non tassabili. L’agenzia delle entrate già si è espressa positivamente al riguardo.

Nell’addendum potrebbe finire anche la durata della permanenza del richiedente asilo in famiglia: fermo restando che l’accoglienza potrà interrompersi in qualsiasi momento, l’indicazione sarebbe quella di non meno di tre mesi e non di più di un anno. Per chi deciderà di accogliere un richiedente asilo in casa sarà organizzata una giornata di formazione.
Sul sito della Regione sarà pubblicata una pagina con tutte le informazioni utili.

Appartamenti a disposizione
Il protocollo non riguarda la messa a disposizione di appartamenti e seconde case. Le famiglie disposte ad affittare immobili di proprietà saranno messe in comunicazione con gli enti gestori che operano sul territorio. Il numero da chiamare è sempre lo stesso, lo 055.4383030 (da lunedì al venerdì dalle 9 alle 11, il giovedì anche dalle 14 alle 17). L’immobile proposto deve chiaramente avere i requisiti di legge di abitabilità e poter ospitare un numero di persone non inferiore a cinque. Non saranno presi in considerazione immobili che non soddisfano questi due requisiti. I proprietari saranno ricontattati dall’ente gestore dell’accoglienza solo nel caso in cui, nel comune in cui l’immobile è ubicato, si registri la necessità di reperire spazi per l’accoglienza.

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Richiedenti asilo, novemila in Toscana con il modello di accoglienza diffusa

immigrazioneFIRENZE – “Il modello di accoglienza diffusa in Toscana ha funzionato e va mantenuto”. L’assessore all’immigrazione della Regione, Vittorio Bugli, l’ha ripetuto in più occasioni nelle ultime settimane. Accoglienza diffusa vuol dire no a tendopoli o a centri con centinaia e centinaia di ospiti, come quel campo che il governo italiano nel 2011 avrebbe voluto realizzare a Coltano in provincia di Pisa, e sì invece a sistemazioni con piccoli numeri, tali da offrire un’accoglienza più dignitosa a chi arriva ed è fuggito dai propri paesi in cerca di protezione e di una seconda possibilità, capace anche di ridurre problemi di convivenza e garantire una più facile integrazione.

I numeri spiegano più delle parole. Accoglienza diffusa vuol dire aver aperto le porte a 8.733 richiedenti asilo – che è il conto delle prefetture aggiornato alle ultime settimane – ma averli distribuiti in tutte e dieci le province e in 638 strutture diverse, a piccoli gruppi: otto o quindici per volta, alcune decine in certi casi, raramente oltre. Con gli ospiti degli Sprar, strutture di secondo livello, si superano i novemilacinquecento. “Una Toscana con otto strutture da mille persone l’una o o anche con sedici da cinquecento ospiti sarebbe stata una Toscana molto diversa” chiarisce l’assessore.

Chi arriva attraversa il mare fugge da guerre e persecuzioni. Fugge dalle guerre civili. Erano undici i conflitti interni aperti nel mondo nel 2014 – meno dei ventisei del 1992, ma più dei quattro del 2007 – e nove di queste guerre civili, laiche o religiose, pseudo tribali o imperialiste, riversano la maggior parte dei profughi verso l’Europa.

La situazione finora ha retto, ma con gli sbarchi che sono tornati a farsi fitti è necessario pensare a nuove soluzioni: l’accoglienza in famiglia appunto, ma non solo. Così a maggio Regione e Comuni toscani riuniti in Anci hanno proposto al Governo di firmare un protocollo che possa aiutare a facilitare accoglienza e integrazione, ma fissi anche punti precisi: otto punti, ovvero il modello di accoglienza diffusa sperimentata la prima volta nel 2011 e 2012, quando ci fu l’ondata di migranti dopo le prime primavere arabe (1800 da Tunisia e Libia, storie raccontate da Toscana Notizie in un ebook e in uno speciale), e riproposta anche nel 2014, una ripartizione delle presenze in tutti i comuni – nessuno escluso e proporzionalmente agli abitan ti – con incentivi e disincentivi, più posti e nuovi bandi per gli Sprar (strutture d’accoglienza di secondo livello che facilitano l’integrazione), l’accoglienza in famiglia ora autorizzata, l’uso di immobili inutilizzati anche dello Stato, oltre a quelli di Comuni e Regione (ma sempre con piccoli numeri) e progetti sperimentali come l’inserimento di chi chiede rifugio e che da più tempo è in Toscana in strutture pubbliche legate alla forestazione e l’agricoltura magari, per ripopolare anche borghi disabitati e “passare progressivamente – conclude l’assessore – dall’emergenza a forme di autogestione e formazione, con nel mezzo l’esperienza di un’attività di volontariato”. L’ultimo punto riguarda gli incentivi per rimpatri volontari, necessari anch’essi nei casi in cui la domanda di protezione non venga accolta, oltre a tempi più rapidi nell’esaminare le richieste v isto che mediamente, tra l’inoltro, la prima risposta che in otto casi su dieci è negativa, l’appello e il suo esito finale passano oggi anche due anni. Troppi.

“Sull’accoglienza di profughi e richiedenti asilo la Regione si è impegnata decisamente oltre le proprie competenze – conclude l’assessore -, mettendosi a disposizione di prefetture, incontrando comuni e operatori. Lo abbiamo fatto per realizzare un tipo di accoglienza che fosse la migliore possibile, sia per chi viene accolto sia per chi accoglie”. Un modello che con cuore e fantasia ha visto fiorire anche tanti progetti con gli ospiti dei centri di accoglienza coinvolti, da volontari, nella cura di giardini ed arredi urbani, impegnati nell’accompagnare i bimbi a scuola assieme ai volontari di associazioni paesane, nel pulire gli argini delle città o occuparsi di oasi naturalistiche.

Fonte: Regione Toscana

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Scritto da il 27.7.2016. Registrato sotto Foto, sociale, Toscana-Italia, ultime_notizie. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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