«LADRI DI MARE»: IL PUNTO SUL TRATTATO DI CAEN ITALIA-FRANCIA

Foto satellitare per comprendere la situazione

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AGGIORNAMENTO 3 -Al termine dell’articolo il resoconto stenografico dell’intervento del Deputato Mauro Pili alla Camera l’11 Marzo 2016, e i documenti originali della firma del Protocollo.

Isola d’Elba (LI) – Non ci sono solo pezzi del mare della Sardegna e a largo della Liguria tra i regali fatti dal governo Renzi alla Francia. Anche una parte di mar Tirreno a largo dell’isola di Capraia non è più italiana, stando a quanto ha detto l’assessore regionale della Toscana, Marco Remaschi: “Sono state cedute porzioni di superficie marina per 339,9 kmq e acquisite per 23,85 kmq con una diminuzione di 316,05 kmq”. La conferma dell’assessore è arrivata in risposta a un’interrogazione del leghista Claudio Borghi, che ha preteso chiarimenti proprio su quell’accordo tra Roma e Parigi per la cessione di acque territoriali italiane. Un accordo “anomalo” per le dimensioni dello scambio (339 contro 23 Kmq) che sottrae enormi specchi acquei alla pesca e ai confini nazionali.

Tutto è nato da uno “sconfinamento” il 13 gennaio scorso, quando un peschereccio italiano viene sequestrato da una motovedetta della guardia costiera francese mentre navigava in acque nazionali. L’incidente, che risulterà poi esser stato un errore francese, ha portato a galla un trattato di cui nessuno era a conoscenza e che una volta ratificato modificherebbe i confini marittimi italiani, cedendone una sostanziosa parte, più di 300 kmq, alla Francia.

Dove – Le acque italiane cedute, secondo l’assessore toscano, sono davanti alle coste toscane, all’isola di Capraia, mentre quelle acquistate si trovano davanti alle isole d’Elba e di Pianosa. La perdita per l’Italia non è solo in termini territoriali, ma anche dal punto di vista naturalistico: “Le risorse contenute nel tratto di mare interessato – ha detto ancora l’assessore Remaschi, facendo riferimento al Santuario per i mammiferi marini – sono di altissimo pregio naturalistico. L’accordo Italia-Franca sembra penalizzi in maniera rilevante il settore della pesca professionale marittima”.

Di questo accordo internazionale si è interessata la trasmissione di La7 dal titolo “La gabbia” nelle ultime due puntate che potete vedere qui sotto:

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A denunciare il tutto, di recente, è stato infatti il deputato del gruppo Misto Mauro Pili, come riportato da Sassarinotizie.com il 12 febbraio 2016:

L’accordo siglato a Caen il 21 marzo del 2015 è stato fatto scattare nei giorni scorsi in modo unilaterale dalla Francia, considerato che lo ha già fatto ratificare al proprio parlamento. Non altrettanto ha fatto il governo italiano che lo ha tenuto nascosto e non lo ha mai sottoposto al parlamento. […] Un’operazione gravissima – ha detto Pili – sia sul piano economico che giuridica. L’alt della Guardia Costiera francese alle imbarcazioni sarde è un atto grave e senza precedenti che deve essere immediatamente risolto con la revoca di quell’accordo bilaterale Italia e Francia del 21 marzo 2015 dove sono stati rivisti i confini marittimi delle due nazioni. E’ un accordo che non ha nessun valore proprio perché non è stato ancora ratificato dal Parlamento italiano.

“È fin troppo evidente – ha commentato il parlamentare di Unidos – che il governo Renzi nel corso del negoziato l’Italia ha accettato la cessione di alcune importantissime zone di mare a nord ovest e a nord est della Sardegna. Un danno immenso per le marinerie sarde che risulta incomprensibile e inaccettabile. Sono sconosciute le motivazioni che hanno portato alla definizione di un accordo così penalizzante e soprattutto senza alcun coinvolgimento delle autorità locali e le stesse categorie produttive. Per questo motivo – ha concluso Mauro Pili – il governo deve immediatamente intervenire presso le autorità francesi per far dismettere questo tipo di azioni di blocco delle imbarcazioni sarde”.

Il deputato sardo di Unidos Mauro Pili ha avviato una petizione che in pochi giorni ha raccolto 20.000 adesioni (si può ancora firmare qui) e presentato un’interrogazione urgente al ministro degli Esteri e dell’Agricoltura che è stata discussa Venerdì 11 marzo alle ore 9.30 sullo “scippo” dei mari sardi e toscani a favore della Francia. «Solo in seguito alla risposta si decideranno altre forme di mobilitazione per fermare questo misfatto» ha commentato.

Si può leggere gli atti della interpellanza a questo indirizzo:

http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=2/01308&ramo=CAMERA&leg=17

La speranza è che la protesta popolare fermi la ratifica di questo accordo che di fatto regala una bella fetta del mare italiano ai francesi e fa scendere l’ombra delle perforazioni petrolifere davanti all’Elba e alle coste da San Vincenzo a Follonica con gli inevitabili rischi a livello ambientale (oasi naturalistiche e santuario dei cetacei) e turistico.

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Resoconto stenografico dell’Assemblea Seduta n. 588 di venerdì 11 marzo 2016

(Iniziative in relazione ad un recente Accordo sottoscritto con la Francia in merito ai confini delle acque territoriali, con particolare riferimento alla prospezione geologica per la ricerca di idrocarburi nel mare a nord della Sardegna – n. 2-01308)

  PRESIDENTE. Passiamo all’interpellanza urgente Pili e Pisicchio n. 2–01308 (Vedi All. A), concernente iniziative in relazione ad un recente Accordo sottoscritto con la Francia in merito ai confini delle acque territoriali, con particolare riferimento alla prospezione geologica per la ricerca di idrocarburi nel mare a nord della Sardegna (Vedi l’allegato A – Interpellanze urgenti).Pag. 14
Chiedo al deputato Pili se intenda illustrare la sua interpellanza. Prego, onorevole.

  MAURO PILI. Grazie Presidente, rappresentante del Governo, questa interpellanza urgente ripercorre quello che è successo in questi ultimi due mesi rispetto a una vicenda che in molti hanno considerato una bufala. Era facile poterla considerare una bufala, vista la gravità della dichiarazione che il Governo ha fatto e ha sottoscritto il 21 marzo 2015 a Caen, in Normandia: un Trattato, Accordo, che sostanzialmente cedeva alla Francia importanti e consistenti parti di mare al nord della Sardegna, a est, a ovest e verso la Liguria. Avevano ragione ad avere dubbi, seri dubbi sulla veridicità di quella notizia, perché un Governo autorevole e istituzionalmente degno di questo nome mai avrebbe sottoscritto un Accordo di tale gravità e di tale imponenza. Appariva surreale che un Governo legittimato potesse cedere confini marittimi a un altro Stato senza averne avuto mandato dal Parlamento e per giunta cedendo sovranità nazionale, anzi aggiungo sovranità internazionale, su quelle acque. Roba da fantapolitica, e bene hanno fatto coloro che hanno avuto seri dubbi su questa vicenda, dubbi che, ora dopo ora, giorno dopo giorno, sono svaniti di fronte all’incedere dei documenti, degli atti, della veridicità delle notizie che gli atti stessi riportavano. Era una scandalosa verità che il Governo avesse sottoscritto quell’Accordo con coordinate marittime che segnavano la modifica sostanziale e radicale dei confini del mare del nostro Paese e dei confini internazionali. Il Governo Renzi lo ha fatto in gran segreto e in silenzio, basta andare sul sito del Ministero degli esteri – che ha sottoscritto quell’Accordo – e si vedrà, come si può immaginare, la sfilza di comunicati stampa dal primo all’ultimo giorno dell’anno, ma stranamente vi è un buco comunicazionale, che è quello del 21 marzo 2015. Vi è un comunicato stampa il 20, un comunicato stampa il 22, stranamente c’è il silenzio rispetto a quello che è stato sottoscritto a Caen: doveva restare segreto. Non c’è stato nessun tweet da parte del Presidente del Consiglio, solito sbandierare qualsiasi tipo di informazione che possa dargli qualche tornaconto di qualsiasi genere si voglia immaginare.
Ebbene non c’è stato il tweet con le fatidiche 100 e passa lettere in cui poteva sintetizzare «ho regalato un po’ di mare Pag. 15italiano e internazionale alla Francia», se avesse sintetizzato in questo modo avrebbe dato una risposta corretta e avrebbe dato un’informazione assolutamente veritiera: ha ceduto importanti parti di mare, utilizzate storicamente dai pescatori sardi innanzitutto, e da quelli liguri, senza alcun tipo di limite. Sapevano Gentiloni e Renzi, prima Renzi perché lo aveva sottoscritto un mese prima con Hollande a Parigi, e poi ratificato e sostanzialmente decodificato nelle sue coordinate marittime a Caen; sapevano di essere stati beccati, di essere stati trovati con le classiche mani nella marmellata di chi ha ceduto qualcosa senza dichiarare né il fine né quello che sottobanco è stato sostanzialmente poi magari negoziato.
Di quell’accordo non si sarebbe saputo niente perché la ratifica non è stata pianificata, la ratifica parlamentare secondo tutte le disposizioni parlamentari e costituzionali spettava e spetta al Parlamento, magari sarebbe stata una ratifica anonima e silenziosa, magari di giovedì pomeriggio, con il guardaroba pieno di trolley e di valigie pronte per la partenza del fine settimana, un’alzata di mano o magari un tasto rosso o verde per approvarla.
Ebbene, vi è andata male, perché quell’accordo è uscito dalle retrovie del Ministero degli esteri, lo si è avuto prima della proposta di ratifica, e in quell’accordo, che vedremo nel dettaglio, vi è scritto esattamente quello che in pochi potevano credere, e cioè che le linee di confine sono state in maniera rilevante modificate da quell’accordo.
È evidente che si tratta di un fatto gravissimo, che è stato messo in evidenza da quello che voi avete detto essere stato un incidente increscioso, deprecabile, e cioè il sequestro di un peschereccio in Liguria, e dico in Liguria perché quel peschereccio era convinto di essere in acque italiani e le conferme delle capitanerie erano che si trattava di un peschereccio in acque italiane, però, stranamente, è stato sequestrato. In realtà, la Francia, facendo affidamento al servilismo dell’Italia, aveva applicato e messo in essere quell’accordo che ancora non è stato ratificato dal Parlamento italiano, e lo applicava, facendo sì che scattasse quella che è stata di fatto una grande prova generale, che ha riguardato prima la Liguria e poi la Sardegna. Prova generale per capire cosa è l’effetto, cosa sarebbe stato e cosa sarà se voi ratificherete quell’accordo, Pag. 16quel tipo di divieto, e cioè non si potranno più utilizzare porzioni di mare rilevantissimo sul piano qualitativo in Liguria, facendo fuori un’economia consolidata della pesca in quel territorio e, dall’altra in Sardegna, avete ceduto acque internazionali alla sovranità francese, in accordo tra due Stati, ad est di oltre 28 miglia in più rispetto alle 12 miglia francesi, e quindi la Francia ha 40 miglia, sottraendone 28 alle acque internazionali, che non potranno più vedere i pescatori sardi fruire di quelle aree e battute di pesca; perché sono state circoscritte quelle aree, guardando le batimetriche, cioè quei punti dove la pesca è più prospiciente e soprattutto più perseguibile sul piano anche operativo. Ebbene, di fatto, la Francia ha delimitato le aree più pescose, le ha fatte proprie, e di fronte ad un Paese come l’Italia, che non è stata in grado di proporre alcun tipo di alternativa a quelle zone economiche esclusive, che la Francia voleva imporre, ha subito e ha subito silenziosamente, sapendo che il Governo italiano era assolutamente da quel punto di vista deficitario, perché niente ha fatto per bloccare quel tipo di azione.

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  Avete detto, lo ha detto il ministro Gentiloni in Commissione Esteri la settimana scorsa per conto del Governo, che si tratta però di un accordo che nasce da lontano e si riferisce a quattro sessioni di negoziato, a Roma il 14 dicembre del 2006, a Parigi il 28 marzo 2007, all’isola d’Elba il 28 settembre del 2007, a Roma il 26 marzo 2012. Tutti i negoziati che non hanno portato a nessun tipo di accordo, va detto con estrema chiarezza che se allora non c’è stata l’intesa su quelle coordinate marittime, l’intesa invece c’è stata a firma del Governo Renzi e a firma del ministro Gentiloni, che hanno sottoscritto la cessione, perché nei negoziati, lo dice la parola stessa, si negozia e ovviamente nel momento in cui non si arriva a conclusione dell’iter nel negoziato vuol dire che non c’è l’intesa. Quindi, sino al 21 marzo del 2015, il Governo italiano, tutti quelli che sono succeduti di destra, di sinistra, misti e fritti misti, non hanno assolutamente firmato quell’accordo; lo ha firmato il Governo Renzi, che ne ha la totale responsabilità politica ed istituzionale. In quell’accordo si dice, con estrema chiarezza, che cambiano i confini del Paese e i confini della giurisdizione della Repubblica italiana e di quella francese; è nell’articolo uno dove si dice che la linea di delimitazione tra i mari territoriali, la piattaforma continentale e le acque sotto giurisdizione della Repubblica italiana sono codificati dai seguenti punti cardinali, latitudine e longitudine, e si vede nell’accordo che è stato radicalmente modificato; ma avete detto, lo ha detto il Governo in ripetute occasioni in questi due mesi, vengono mantenuti i luoghi di pesca tradizionali situati all’interno di una zona definita dalle linee che congiungono i seguenti punti. O non capite niente di topografia, o non sapete cosa sono le latitudini e longitudini, perché se uno fa gli incroci, le triangolazioni di questi dati, capirà che stiamo parlando di quello che i pescatori definiscono un pollaio, cioè un quadrilatero minimo, un millesimo di quanto è stato ceduto, dove in base agli accordi del 1986 poteva esserci una pesca congiunta dei pescherecci italiani e di quelli francesi. Tentate quindi di dire che c’è un mantenimento di quella base di pesca congiunta su quello che appunto i pescatori definiscono un pollaio.Pag. 18
Si è poi detto che ci sono interessi petroliferi. Se anche questo fosse vero, dietro le quinte c’è questo e poi vedremo di poterlo sviscerare anche questo punto, c’è il punto all’articolo 4 dell’accordo che dice sostanzialmente che: se un giacimento di risorse naturali del fondo marino o del sottosuolo si estende su entrambi i lati della linea di delimitazione nuova e se le risorse situate su un lato di questa possono essere sfruttate a partire da impianti situati sull’altro lato, le parti cercano di accordarsi. Ma vi pare che questo, che prevede che le parti cerchino di accordarsi, possa essere un accordo ? Non c’è un accordo, perché c’è il sottobanco, che riguarda quelle società, dalla Schlumberger alla Tgs Nopec norvegese, che su quell’area, costruita ad hoc in quel versante occidentale della Sardegna, è stata posizionata la cosiddetta Zona E per le prospezioni petrolifere, quelle prospezioni che devastano il mare soltanto nella presunta ricerca di petrolio, che invece si è dimostrato essere soltanto un palliativo per speculazioni di ben altra natura. Ebbene, di fronte a questo, voi avete fatto un accordo che ha tutto da perdere e niente da guadagnare, cioè avete ceduto la sovranità internazionale di quei mari, non avete dichiarato niente di più di quello che è scritto nel comunicato ufficiale. Il comunicato ufficiale dice: la parte italiana ha ottenuto di mantenere immutata la definizione di linea diretta di base dell’arcipelago toscano, già fissata dall’Italia, per la delimitazione del mare territoriale nel 1977. Questo è quello che avete ottenuto secondo il comunicato dalla Farnesina di una settimana fa, quindi è evidente che si tratta un accordo a perdere e l’accordo a perdere per l’Italia significa infedeltà di Stato.
Ciò significa che il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, se non dichiarerà quello che è il tornaconto di quell’Accordo, ha manifestato e applicato un mandato del Governo italiano in maniera infedele rispetto all’interesse dello Stato; tale interesse è sancito dall’articolo 264 del codice penale, il quale statuisce che chiunque, incaricato dal Governo italiano di trattare affari di Stato, si rende infedele al mandato è punito, se dal fatto possa derivare nocumento all’interesse nazionale. Qui c’è un nocumento acclarato, dimostrato di cessione di interesse e sovranità internazionale: vi è la cessione di spazi economici di attività importanti come la pesca, e vi è anche la cessione di sovranità per quanto riguarda petrolio e gas, che si vuole cedere magari Pag. 19alla Francia soltanto per l’obiettivo di scavalcare il referendum che in Italia potrebbe essere bocciato; io mi auguro che venga bocciato, quel vostro provvedimento ! E dall’altra parte cedere magari alla Francia la possibilità di compiere in maniera più spregiudicata ricerche petrolifere che danneggiano l’ambiente e che devastano il patrimonio ambientale, anche della Sardegna. Questo noi non ve lo consentiremo !

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signora Presidente, l’Accordo tra in Italia e Francia, evocato nel testo dell’atto in esame e nell’illustrazione dell’interrogante, è stato firmato il 21 marzo 2015, ed è il frutto di un negoziato che è andato avanti dal 2006 al 2012, e che ha coinvolto diversi Governi e diverse amministrazioni tecniche, come sempre avviene in questi casi: il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per gli aspetti di protezione ambientale, il Ministero della difesa per gli aspetti di sicurezza, il Ministero dello sviluppo economico per la piattaforma continentale, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per le questioni legate alla pesca, e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli aspetti di protezione appunto dei beni culturali. Nel corso del negoziato i Dicasteri competenti per materia hanno avuto modo di rappresentare le proprie autonome valutazioni ed esprimere il proprio assenso.
L’Accordo, così come già affermato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale anche in sede parlamentare, non è ancora in vigore, né per l’Italia né per la Francia, in quanto non ancora avviato l’iter di ratifica parlamentare. Lo stesso Accordo risponde alla necessità di stabilire fra l’Italia e la Francia dei confini marittimi certi e univoci: il regime dei mari infatti sta vivendo mutamenti radicali, dovuti da una parte alla tendenza di tutti gli Stati ad estendere la propria giurisdizione sull’alto mare sulla base di quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, e dall’altra all’espansione della normativa europea relativa alla politica comune sulla pesca.
Con riferimento specifico alla Sardegna, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale conferma che Pag. 20le linee già tracciate nell’unico Accordo bilaterale in vigore, quello sulle Bocche di Bonifacio del 1986, resterebbero, se l’Accordo entrasse in vigore, immutate. Questo Accordo non solo non cede nulla, ma anzi per la prima volta, fissando in modo chiaro le aree di competenza tra Italia e Francia, potrà dare concreta attuazione all’obiettivo di proteggere i mari italiani anche oltre le 12 miglia dalla costa, che costituisce attualmente il limite del mare territoriale. Anche in tema di risorse dei fondali marini l’Accordo tutela gli interessi nazionali, prevedendo la concertazione tra Italia e Francia per lo sfruttamento delle risorse naturali sui fondali marini a cavallo della linea di delimitazione della piattaforma continentale: la concertazione !
Ciò premesso, su questo ultimo aspetto, di competenza in particolare del Ministero dello sviluppo economico, occorre precisare che la zona E, citata nell’atto in esame come porzione limitata del Mar Tirreno aperta all’eventuale attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, era stata originariamente istituita dalla legge n. 613 del 1967, e comprendeva tutto il sottofondo marino tirrenico adiacente al territorio della penisola italiana, nonché il sottofondo marino adiacente al territorio della Sardegna.

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  Successivamente, per tener conto dei più stringenti vincoli ambientali posti dalla normativa nazionale, e in particolare dall’articolo 35 del decreto-legge n. 83 del 2012 (che ha modificato il codice ambientale vietando le attività upstream nelle zone marine e costiere protette, nonché entro le 12 miglia dalla linea di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle citate aree protette), sono state rimodulate tutte le zone marine aperte all’attività mineraria, con una riduzione complessiva del 44 per cento della superficie originariamente aperta.
Anche la zona marina E è stata rimodulata con decreto del Ministero dello sviluppo economico dell’8 agosto 2013, limitando la superficie potenzialmente idonea allo svolgimento di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi ad una zona di circa 39 mila chilometri quadrati posta ad ovest della Sardegna, e già facente parte della piattaforma continentale italiana in base a quanto previsto dalla richiamata Convenzione delle Nazioni Unite. Pertanto, quest’area non è mai stata oggetto dell’Accordo di Caen.
La definizione della zona E, come rimodulata nel 2013, risponde quindi ad uno specifico interesse dello Stato ad avere maggiore consapevolezza delle potenzialità dei propri fondali marini, anche ai fini della valorizzazione delle proprie risorse naturali, in zone comunque lontane dalle coste nazionali e al di fuori delle aree protette. Si rileva infatti che la zona marina E non risulta ad oggi ancora esplorata dal punto di vista minerario, e sussistono pochissimi dati di ricerca scientifica relativi ad essa. I dati del server americano, a cui gli interpellanti fanno riferimento, sono effettivamente riportati da uno studio pubblico americano effettuato dal Servizio geologico degli Stati Uniti nel 2004: sono dati essenzialmente relativi alle caratteristiche geologiche del bacino provenzale, ben più ampio della zona marina italiana E, comprensivo quindi anche delle acque spagnole e francesi. In base a tali dati geologici, i ricercatori americani hanno stimato che l’area marina provenzale – quindi quella provenzale, più ampia – potrebbe avere risorse potenziali di gas per circa 1,4 trilioni di metri cubi e 0,42 miliardi di barili di olio.Pag. 22
Questi dati sono di carattere bibliografico: si tratta di stime scientifiche, non ancora supportate da studi dettagliati o confermate da specifiche attività nell’area. Dato tuttavia l’interesse dello Stato ad approfondire questi temi – per una maggior conoscenza dei territori sottoposti alla propria giurisdizione, una maggior consapevolezza delle risorse naturali –, il Ministero dello sviluppo economico ha avviato una collaborazione con enti di ricerca per lo studio delle caratteristiche geologiche delle zone marine, fra cui anche la zona marina E. Nell’ambito di questi studi è stato chiarito che per definire il potenziale dell’area, preso atto delle stime presenti in letteratura, sono necessarie ricerche specifiche a livello geologico, rilievi fisici in campo da svolgere nell’ambito di permessi di prospezione rilasciati dal Ministero dello sviluppo economico; e da realizzare secondo le stringenti norme di sicurezza vigenti in Italia, di recente ulteriormente potenziate attraverso il recepimento e l’attuazione della specifica direttiva europea. I dati così rilevati concorrerebbero allo studio e alla conoscenza dell’area, verrebbero resi pubblici e consentirebbero a tutti gli utenti interessati di conoscere i dati relativi ad un anno dalla scadenza dei titoli minerari.
Sarebbe, pertanto, difficile, ad oggi, immaginare l’interesse di eventuali società del settore su questa specifica area marina, non avendo ancora consapevolezza delle effettive potenzialità minerarie della stessa. Ad oggi, sono state soltanto presentate, relativamente alla zona marina E, due istanze per il conferimento di permessi di prospezione; lo ricordo, i titoli minerari non esclusivi, di durata annuale, non consentono di effettuare perforazioni, ma solo attività geofisica di ricerca. Entrambe queste istanze sono in corso di istruttoria. I procedimenti relativi a queste istanze, tra le quali quella presentata dalla Nopec TGS, tra le maggiori operanti nel settore e che svolge da anni attività di prospezione nei mari di tutto il mondo, non sono stati ancora finalizzati; non è quindi attualmente in atto, nella zona marina ad ovest della Sardegna, nella zona citata dall’atto in esame, alcuna delle attività citate nell’atto presentato dagli interpellanti. Il Governo, tuttavia, ribadisce la propria disponibilità, oltre alla massima attenzione, a fornire al Parlamento in tutte le sedi e nelle forme previste, non solo nell’iniziativa della ratifica parlamentare ancora non avviata, tutte le informazioni e gli aggiornamenti sulle vicende esposte nell’atto.

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  PRESIDENTE. Il deputato Pili ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MAURO PILI. Grazie, Presidente. Non posso che ritenermi totalmente insoddisfatto. Si tratta di una risposta destituita di senso istituzionale, perché un Governo se fosse autorevole avrebbe detto: ho sottoscritto quell’accordo e lo porterò alla ratifica, perché ne sono pienamente convinto. In realtà, tutto questo non è avvenuto. Il primo quesito che è stato posto e che nell’interpellanza era molto esplicitato e molto chiaro è: quando ritenete di dover trasformare quell’accordo in ratifica parlamentare ? Non c’è stata alcuna risposta, perché sapete benissimo che attendete il giovedì, all’ultimo momento, per poter sostanzialmente far passare in silenzio o tentare di far passare in silenzio quell’accordo. Quando si dice che tutti i Ministeri hanno dato l’assenso, intendete anche quello dell’agricoltura ? Anche quello della pesca ? Io ho i miei dubbi che un Ministero competente, che conosce le vicissitudini della pesca nel sistema Paese, abbia potuto dare quell’autorizzazione a quella firma. Ma quel che è più grave è l’affermazione con la quale il rappresentante del Governo ha detto in quest’Aula che l’accordo nasce dall’esigenza – leggo e ripeto testualmente – di avere confini certi e univoci. Ma come, sino ad oggi non c’erano confini certi e univoci ? Come fa ad affermare, in quest’Aula parlamentare, un rappresentante di un Governo costituzionalmente costituito, che non ci fossero, sino ad oggi, confini certi e univoci ? L’unico dato certo è che i confini prima c’erano, ed erano chiari, ed erano univoci, ed erano unanimemente riconosciuti; poi, il rappresentante del Governo aggiunge: tutti gli Stati puntano ad espandere la propria sovranità sulle acque internazionali. Ah, quindi, la Francia puntava ad estendere e ad espandere le proprie acque territoriali rispetto a quelle internazionali, e se questa affermazione è stata fatta in quest’Aula parlamentare significa che la Francia ha ottenuto l’estensione sulle acque internazionali, cosa che, in questo accordo, in questo trattato, non esiste per l’Italia, cioè l’Italia non ha ottenuto niente, perché la domanda era esplicita. Se noi abbiamo ceduto le 28 miglia ad est e le 200 miglia a ovest, cosa ha ottenuto in cambio l’Italia ?

Pag. 24

  Non c’è stato da parte del Governo nessun tipo di risposta, c’è omissione di qualunque tipo di risposta rispetto al tema del nocumento economico. Questo accordo ha provocato e provoca un nocumento economico all’interesse nazionale. E poi è ridicolo affermare che restano immutate le norme sottoscritte da Andreotti a Parigi, nel 1986, sulle Bocche di Bonifacio. E chi ha mai detto che quelle sono state modificate ? C’è qualcuno che può pensare che quei confini che non sono sovrapponibili possano essere modificati, se vi è un’intesa ? Quelli che sono cambiati sono i confini ad est e a ovest, non tentate di rigirare la partita; per quanto riguarda le Bocche di Bonifacio nessuno può pensare che vengano modificati i confini, perché si tratta di acque territoriali, lo capisce anche un bambino, ed è assolutamente sorprendente che il Ministero degli esteri cerchi risposte talmente prive di sostanza e di articolazione istituzionale. E poi dite: lo avete fatto per proteggere i mari italiani. No, in realtà, avete protetto la Francia a favore di acque internazionali che erano nella disponibilità, anche, dell’Italia, che è ben diverso. E se è vero come è vero quello che lei ha affermato e cioè che la zona E ha ridotto in maniera consistente le aree per quanto riguarda la prospezione, la ricerca e l’estrazione petrolifera di idrocarburi liquidi o gassosi, in realtà, è l’esatto contrario, perché se avete tolto le aree di prospezione geologica dai confini delle acque territoriali le avete posizionate tutte in un punto che è la zona E al nord ovest della Sardegna, guarda caso coincidente con i confini del nuovo accordo e se aveste letto bene anche la risposta che avete dato oggi avreste tentato di ragionare, perché c’è scritto che dovete trovare l’accordo con la Francia per la piattaforma provenzale, perché se quello che c’è scritto è leggibile in un solo modo, quello c’è scritto; e allora è evidente che voi non potete parlare di riduzione del 40 per cento, forse avete ridotto quello che non era sfruttabile e avete collocato lì tutta quell’area, non 39 chilometri quadrati, ma 139 chilometri quadrati, che è diverso, avete sbagliato anche su quel dato, basta prendersi il decreto di Zanonato che dice in maniera puntuale quello che è realmente successo. Il decreto Zanonato è l’applicazione di un sistema che voi avete messo in campo già da allora, attraverso le indicazioni di chi Pag. 25sta dietro questa operazione; e c’è ancora una volta l’ENI, guarda caso collegata con la TGSNopec con la quale opera in tutto il mondo, e non è un caso che il Ministero dello sviluppo economico dica: attenzione, la Nopec è una grande società internazionale, è una società di geofisica internazionale; stranamente, però, utilizza gli Air Gun, che sono degli strumenti che vengono definiti dagli scienziati americani «bombe sismiche», che devastano l’ambiente e guarda caso, lì, proprio a due passi, c’è il santuario dei cetacei che è sanzionato quello, e che è protetto da convenzioni internazionali. Ma quale protezione dell’ambiente, quale protezione del mare ? Avete collocato una zona E proprio a ridosso del santuario dei cetacei, con tutte le ripercussioni che gli Air Gun hanno su quel tipo di fronte. Lei dice che non incide sull’Accordo di Caen, la zona E di prospezione petrolifera, vuol dire che non l’avete letto l’Accordo di Caen, perché dice che la piattaforma del sottosuolo è congiuntamente e concordatamente gestita; ciò vuol dire che se passa il referendum e, quindi, vengono vietate le concessioni, quelle che sono già in essere, perché lei ha detto che ci sono due soggetti che già concorrono, sono fatte salve, sì o no, nel processo concessorio ? C’è una diatriba costituzionale e sostanziale se le concessioni richieste anche di prospezione sono una preautorizzazione alla concessione, è un tema che, ovviamente, riguarda anche quella parte e, quindi, è evidente che state, anche in questo caso, bluffando. Poi lei dice, abbiamo messo a studiare enti di ricerca su quella zona E, per capire se c’è o non c’è il petrolio, se bisogna fare degli studi approfonditi o meno, ma siete dei rabdomanti ? E perché l’avete posizionata lì la zona E se non avete gli studi ? Chi ve li ha fatti gli studi per dire che in zone E c’è petrolio, perché l’avete messa lì e non l’avete messa nell’arcipelago toscano ? Lo dico a Zanonato e a chi ne ha avuto la responsabilità politica. Perché oggi decidete di fare degli studi su quella zona mare E, se dite di non avere nessun dato ? Ci sono due istanze, ma intanto non sono più due, ma è una sola, che è quella della TGS Nopec, perché quella della Schlumberger, i texani, è stata rispedita al mittente con oltre 500 osservazioni presentate dal movimento Unidos Sardegna che ha posto elementi scientifici per bloccare quel tipo di istanze.
Ebbene, la Nopec Tgs, con arroganza, porta avanti questo processo e dice nella sua richiesta: non chiedeteli a noi i dati sul petrolio, non chiedeteli a noi, ditelo al Ministero dello Pag. 26sviluppo economico, che li ha. È scritto nella comunicazione formale che il Ministero ha ricevuto – il Ministero dell’ambiente, in cui dice il Ministero dello sviluppo economico-, che tali informazioni strategiche sono in possesso dal Ministero dello sviluppo economico. Quindi, voi le avete e sapete che l’Accordo di Caen è funzionale a quell’aspetto, che è fondamentale per gestire, poi, dopo, a cavallo della Francia o dell’Italia, a seconda dell’andamento del referendum quello che più vi aggrada.

  PRESIDENTE. Concluda.

  MAURO PILI. Io lo voglio ribadire qui, e concludo: quella prova generale dei francesi è la cartina di tornasole: rappresenta il cambio dei confini territoriali ed internazionali delle acque, ma significa anche aver creato un nocumento all’interesse nazionale. O voi dichiarate, come dovete dichiarare, che quell’Accordo va rescisso, va revocato, oppure, certamente, tutte le azioni, anche di natura penale, saranno perseguite per arrivare a capire qual è il vantaggio, sottobanco, che qualcuno ha ottenuto. Non spero certo il Rolex, così come in Arabia Saudita, ma, sicuramente, qualcuno ha tratto vantaggi su questa vicenda. Non possiamo permetterlo e noi questo Accordo che riguarda i confini nazionali non lo potremo mai accettare. E in Sardegna, semmai sventolando la bandiera dei quattro mori, quell’Accordo noi non lo faremo passare assolutamente mai.

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Scritto da il 11.3.2016. Registrato sotto ambiente/territorio, Foto, Toscana-Italia, ultime_notizie. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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    Nonostante l'addendum all'accordo di programma, senza il quale Rebrab sarebbe diventato Padrone a tutti gli effetti dello stabilimento, tale data viene comunque considerata dalla nostra testata come quella di inizio della crisi economica reale di Piombino. Da allora sono passati solo
    81 mesi, 17 giorni, 5 ore, 44 minute fa

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