NORMATIVA A TUTELA DEGLI HABITAT: COSA STA SUCCEDENDO?

Uno dei sentieri del parco

Uno dei sentieri del parco

Il Governo Renzi sfida l’ Unione Europea in materia di salvaguardia degli Habitat naturali e dell’avifauna selvatica, ma secondo il GRIG (Gruppo d’Intervento Giuridico onlus) e  Federazione nazionale Pro Natura in realtà tenta di svuotare la normativa di tutela proprio di quegli Habitat. Leggiamo insieme il comunicato delle due associazioni ecologiste.

«Il Governo Renzi sfida l’ Unione Europea in materia di salvaguardia degli Habitat naturali e dell’avifauna selvatica, iniziano le due associazioni ecologiste.

Come noto, infatti, la direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, e la flora ha avviato e comportato la realizzazione della Rete Natura 2000, mediante l’individuazione dei siti di importanza comunitaria (S.I.C.) e delle zone di protezione speciale (Z.P.S.)  ai sensi della direttiva n. 09/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica. Stabilisce poi, all’art. 6, comma 3°, che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica”.L’Italia ha provveduto a darvi attuazione con il D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i.    Nello specifico, l’art.  5, comma   8°, disponeva testualmente: “l’autorita’ competente al rilascio dell’approvazione definitiva del piano o  dell’intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalita’ di  consultazione  del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi”.Ora l’art. 57, comma 2°, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 testualmente stabilisce: “le disposizioni dell’articolo 5, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.  357, e successive modificazioni, si applicano esclusivamente ai piani.

E’ una bella furbata, visto che è del tutto evidente la sottrazione dello svolgimento della necessaria, preventiva e vincolante riguardo tutti gli interventi ricadenti in aree S.I.C. e Z.P.S. in palese violazione della disciplina comunitaria.

Ed è una furbata che può costare molto cara.

Infatti, già nel 2014 la Commissione europea – Direzione generale “Ambiente” ha aperto la procedura di indagine EU Pilot 6730/14/ENVI[1] “diretta ad accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell’articolo 6 della direttiva Habitat a causa di svariate attività e progetti realizzati in assenza di adeguata procedura di valutazione di incidenza ambientale in aree S.I.C. e Z.P.S.

In seguito la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche europee – Struttura di missione per le Procedure di infrazione ha coinvolto (nota n. 3253 del 27 marzo 2015) i Ministeri competenti e la Conferenza permanente Stato – Regioni – Province autonome riguardo le ulteriori contestazioni e richieste delle Istituzioni europee.

La Commissione europea – DG Ambiente ha già evidenziato, in particolare, carenze qualitative nelle relazioni di incidenza ambientale, carenze nelle procedure di V.INC.A., elusioni, mancanza di trasparenza, scarso coinvolgimento degli enti di gestione di S.I.C./Z.P.S., carenze nei riscontri dell’effettivo rispetto delle conclusioni della procedura di V.INC.A., carenze di professionalità nella predisposizione delle relazioni di incidenza ambientale, assenza di sanzioni per il mancato rispetto della normativa e delle conclusioni della procedura di V.INC.A.

 

Ora la furbata peggiora le cose.

Le associazioni ecologiste Federazione nazionale Pro Natura e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus hanno chiesto (20 febbraio 2016) alla Commissione europea e alla Commissione “petizioni” del Parlamento europeo di esaminare le nuove disposizioni di cui alla legge n. 221/2015 per verificarne la rispondenza alla normativa comunitaria in materia di salvaguardia degli Habitat e dell’avifauna selvatica. Il rischio ora è quello dell’apertura di una procedura di infrazione per violazione della normativa comunitaria sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora (direttiva n. 92/43/CEE) e, in conseguenza di eventuale sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia europea, di una pesante sanzione pecuniaria a carico dell’Italia (e per essa alle amministrazioni pubbliche che hanno causato le violazioni), grazie soprattutto a omissioni o pressapochismo in materia di tutela ambientale, nonostante le tante istanze ecologiste.

 

Che cosa accade in questi casi?

Se non viene rispettata la normativa comunitaria, la Commissione europea – su ricorso o d’ufficio – avvia una procedura di infrazione (art. 258 Trattato U.E. versione unificata): se lo Stato membro non si adegua ai “pareri motivati” comunitari, la Commissione  può inoltrare ricorso alla Corte di Giustizia europea, che, in caso di violazioni del diritto comunitario, dispone sentenza di condanna con una sanzione pecuniaria (oltre alle spese del procedimento) commisurata alla gravità della violazione e al periodo di durata.

Si ricorda che le sanzioni pecuniarie conseguenti a una condanna al termine di una procedura di infrazione sono state fissate recentemente dalla Commissione europea con la Comunicazione Commissione SEC 2005 (1658): la sanzione minima per l’Italia è stata determinata in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell’infrazione.

Fino a qualche anno fa le sentenze della Corte di Giustizia europea avevano solo valore dichiarativo, cioè contenevano l’affermazione dell’avvenuta violazione della normativa comunitaria da parte dello Stato membro, senza ulteriori conseguenze.    Ora non più.

Attualmente sono ben 91 le procedure di infrazione aperte contro l’Italia dalla Commissione europea. Di queste addirittura 20 (quasi un quinto) riguardano materie ambientali.

L’esecuzione delle sentenze della Corte di Giustizia per gli aspetti pecuniari avviene molto rapidamente: la Commissione europea decurta direttamente i trasferimenti finanziari dovuti allo Stato membro condannato: in Italia gli effetti della sanzione pecuniaria vengono scaricati sull’Ente pubblico territoriale o altra amministrazione pubblica responsabile dell’illecito comunitario (art. 16 bis della legge n. 11/2005 e s.m.i.).

Ovviamente gli amministratori e/o funzionari pubblici che hanno compiuto gli atti che hanno sostanziato l’illecito comunitario ne risponderanno in sede di danno erariale.

Bruxelles è molto più vicina di quanto possiamo pensare.

Il Governo Renzi, le Giunte regionali, gli Enti locali – concludono le due associazioni – riusciranno a capirlo in tempo?».

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
Federazione nazionale Pro Natura

Scritto da il 21.2.2016. Registrato sotto ambiente/territorio, Foto, Toscana-Italia, ultime_notizie. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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