PIOMBINO: PACE E VIOLENZA SULLE DONNE AL CENTRO GIOVANI

«Diventeranno mai uomini?» Con questo inquietante interrogativo suor Benedicta, di origine congolese, ha aperto la serata di sabato al centro giovani, dedicata al duplice tema della pace e della violenza sulle donne, e presentata dalla presidentessa della Commissione pari opportunità, Stefania Bardini.

«Bambini, drogati e armati di fucili più grandi di loro, cui viene insegnata la violenza sessuale sulle donne giovani e anziane perché, secondo una credenza locale, in questo modo acquistano poteri sovrannaturali. Potranno mai crescere?» Il riferimento è ai bambini soldato della terra natale di suor Benedicta. Proprio dalla sua drammatica testimonianza, resa ancor più forte dai macabri episodi cui ha personalmente assistito, è emerso il filo rosso che collega i due temi della serata: il degrado civile e morale che ogni guerra porta con sè non può non ripercuotersi in negativo sui soggetti deboli della società, bambini e donne. «Non ho avuto la forza – ha concluso- di rimanere in Congo. Sono saltata su un camion e sono fuggita.»

Attonito il numeroso pubblico, fra cui l’assessore alle pari opportunità Anna Tempestini e i molti giovani accorsi ad ascoltare i Creuza de ma, cover band di Fabrizio De Andrè, che lungo l’arco della serata si sono esibiti in numerose canzoni, sempre eseguite sullo sfondo fotografico dei reportage di guerra di Jean-Pierre Husson. Curiosa e originale la scelta dei brani: oltre alle immancabili La guerra di Piero e La canzone di Marinella, che bene si sposano ai temi trattati, anche, fra le altre, due cover particolarmente interessanti.

La prima, A pittima, ripescata dal repertorio dialettale del cantautore genovese, che narra di uno di quei personaggi che si guadagnano da vivere riscuotendo i debiti per conto di terzi, ma che alla fine “se la vittima è uno poveraccio, gli do del mio”: paradigma del carnefice che riscopre il proprio lato umano nel confronto con i meno fortunati, riscattandosi per i mali commessi.

L’altra, Un giudice, dall’album Non al denaro, non all’amore, né al cielo, racconta di un nano che, per vendicarsi dei concittadini da cui per anni è stato schernito a causa della statura, diventa giudice, così “di affidarli al boia fu un piacere del tutto mio, prima di genuflettermi nell’ora dell’addio, non conoscendo affatto la statura di Dio”: esempio di come la cattiveria umana possa spingere le vittime a cercare vendetta e riscatto nel peggiore dei modi, diventando a loro volta colpevoli.

Seconda parte dello spettacolo completamente dedicata al problema della violenza sulle donne, portato in scena da due giovani attrici, Chiara Migliorini e Irene Di Natale, in tre differenti momenti, attraverso i testi teatrali dedicati alla scultrice Camille Claudel e alla pittrice Frida Kahlo, cui si è aggiunto il tragico monologo-testimonianza, “Lo stupro”, scritto da Franca Rame. Mentre, sullo sfondo, sono state proiettate le fotografie delle donne che hanno fatto la piccola o grande storia: da Eleonora Duse a Rosa Luxemburg, da Angela Davis a Indira Gandhi a Virginia Woolf.
Ottimo, per sintetizzare una serata che ha messo in forte relazione due cancri apparentemente distanti fra loro, lo slogan dell’iniziativa, mutuato dal Mahatma Gandhi: «La pace non è solo assenza di guerra: è una condizione di vita».


Matteo Toffolutti

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Scritto da il 10.3.2009. Registrato sotto cultura. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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