TUTTI I COMMENTI ALLA NUOVA MORTE IN SEVERSTAL

A pochi giorni dal nuovo incidente avvenuto in Severstal/Lucchini, che ha prodotto il non invidiabile record di quattro vittime in 18 mesi, raccogliamo i principali commenti e contemporaneamente vogliamo ricordare chi, per mantenere la propria famiglia, è morto sul lavoro in fabbrica.

Febbraio 2004. Ivan Gentili, capoturno Lucchini, rimane ucciso in un incidente stradale mentre rientrava a Venturina, dopo aver lavorato la notte nello stabilimento. Un infortunio in itinere, come definisce l’Inail gli episodi avvenuti nel tragitto lavoro-casa.
Giugno 2004. Giancarlo Francioni, 48 anni, di Piombino, operaio della Bertocci, muore folgorato in fabbrica, investito da una scarica alla Lucchini.
Maggio 2005. Leke Kolay, albanese di 42 anni arrivato tre anni fa in Italia, lavorava alla Bertocci, come Giancarlo Francioni. Kolay è muore schiacciato tra una barra di un nastro trasportatore e il bordo interno di una tramoggia.
Agosto 2005. Orlando Simonetti, sessantenne residente a Campiglia, viene trovato morto in fabbrica dopo circa 15 ore. Forse per un malore, forse per aver inalato azoto.

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I Verdi chiedono la verifica dell’attuazione delle misure espresse nel piano industriale vigente e la valutazione della loro efficacia in particolare per quanto attiene il piano mirato alle imprese esterne. «Rimaniamo sconcertati dalla dichiarazioni rilasciate dai vertici dell’Asl in base alle quali sembra che alla Lucchini si entri, si lavori e si possa morire senza che nessuno se ne accorga. Ci chiediamo allora che senso e che legittimità abbia un comitato di coordinamento che oggi ammette, per voce della dirigenza Asl la pervicace inadempienza da parte della Lucchini di numerosi punti dell’accordo». I Verdi chiedono quindi la mobilitazione di cittadini ed istituzioni per spingere l’azienda ad operare nel rispetto delle normative di sicurezza del lavoro e dell’ambiente.

Marco Macchioni (segretario comunale della Margherita) auspica invece che il mondo politico non abbassi la guardia sul tema della sicurezza: «Per la terza volta in tredici mesi dobbiamo assistere ad un evento tragico in fabbrica – dice – siamo di fronte ad un’azienda che per oltre 15 ore non verifica chi entra o esce dal luogo di lavoro. Dobbiamo fare di tutto perché gli interventi politici diventino prioritari. Ma dobbiamo anche segnalare alcune strumentalizzazioni politiche in chi invoca lo sciopero generale».

Michela Batistoni (Rifondazione Comunista) fa notare come il Segretario Piombinese della Margherita Macchioni di fronte al precipitare della situazione alla Lucchini Siderurgica non trova di meglio che attaccare il suo partito che avrebbe la colpa di aver chiesto lo sciopero generale di tutte le categorie dei lavoratori, richiesta venuta invece da alcuni membri dell’RSU della Lucchini. Nelle dichiarazioni rilasciate da segretario della Margherita di Piombino non vi è traccia di questa sollecitazione ai sindacati, bensì si fa richiesta che alla Lucchini, durante gli scioperi, rimangano in fabbrica solo i Comandati per l’esclusiva salvaguardia degli impianti. Così attualmente, nel reparto Acciaieria, non è per accordo tra le oo.ss. e l’azienda. Macchioni – continua la Batistoni – dovrebbe informarsi meglio e deve sapere che chi governa ha oneri ed onori, il suo Partito governa Piombino cerchi di assumersi le proprie responsabilità in questa gravissima situazione invece di attaccare l’opposizione sport assai più semplice che far fronte alla Lucchini».

Mirko Lami (responsabile provinciale Fiom per la sicurezza e sindacalista in Lucchini): «Se l’Asl non ce la fa ad avere il controllo della situazione e la Lucchini ignora le prescrizioni, è il momento che intervenga la Procura». Per la prima volta un esponente sindacale si appella esplicitamente all’azione della magistratura. La richiesta è maturata dopo le dichiarazioni rilasciate dai dirigenti del servizio di medicina del lavoro dell’Asl per la morte di Orlando Simonetti. «Le dichiarazioni rilasciate dai dirigenti del servizio di medicina del lavoro dell’Asl – continua Lami – sono apparse contraddittorie e hanno fatto percepire un grande senso di impotenza. Non si può, sulla stessa pagina e da parte delle stesse fonti, dire che le risorse sono insufficienti e a rischio di un’ulteriore diminuzione, aggiungere che, comunque, non basterebbe un esercito per controllare come sarebbe necessario, per poi puntare tutto sulla responsabilizzazione dell’azienda». «E soprattutto – prosegue il sindacalista – in contemporanea non si può ammettere candidamente che il cancelletto e il dispositivo sonoro imposti alla Lucchini, seppure soltanto dopo la morte di un altro lavoratore, Leke Kolay, sono stati rimossi il mese successivo. E allora, se le prescrizioni dell’Asl vengono rispettate così, è il momento che intervenga sul serio la magistratura».

L’Associazione Toffolutti: «L’inadeguatezza delle risorse destinate ai controlli stride con le assicurazioni che l’assessore regionale Enrico Rossi divulga dopo ogni infortunio mortale. Le responsabilità primarie, comunque, restano della Lucchini e del sistema di appalti. Non vorremmo che Severstal volesse consolidare un primato che la Lucchini già detiene: in un suo stabilimento (le Ferriere di Servola) il corpo straziato di un lavoratore immigrato (Lirim Nevzati) è stato rinvenuto una settimana dopo l’infortunio.

Rocco Garufo (assessore provinciale all’ambiente): «La nostra provincia ha i più alti punti di criticità ambientale e rischio industriale. Sarà bene che la Regione capisca che le strutture di controllo hanno bisogno di una dimensione adeguata alla consistenza dei problemi. Alla Lucchini diciamo che non bastano più le dichiarazioni di buona volontà».

Paolo Pedroni (Comunisti italiani): «La totale colpevolezza è dell’azienda. Il suo atteggiamento non è assolutamente ammissibile. Non si può pensare di prendere impegni, firmando protocolli, sapendo che non si manterranno. Tutti dobbiamo dire basta a questo atteggiamento irresponsabile, basta con i distinguo. Per fare politica, occorre fermezza altrimenti saranno le ennesime chiacchiere senza significato. Non ci può essere nessun ricatto occupazionale che possa giustificare disimpegno su sicurezza e ambiente».

Unione comunale Ds: «E’ indegno di un Paese civile morire sul lavoro ed essere ritrovati solo il giorno dopo. Vorremmo mantenere la presenza della grande industria ma la siderurgia, per quello che è oggi, non rappresenta più il futuro di questa città. Chiediamo alle istituzioni di procedere col massimo rigore e la massima severità».

Gianni Anselmi (Sindaco di Piombino): «Sappiamo che in un grande stabilimento può essere più facile pagare una multa che investire in sicurezza. Noi abbiamo fiducia nell’Asl e chiediamo ad essa il massimo rigore, fino alla fermata temporanea degli impianti e dei reparti palesemente fuori norma. Più in generale occorre affermare un profilo forte e moderno, che riconoscendo l’importanza della siderurgia non ne subisca la presenza ma ne pretenda la riqualificazione. La comunità e le istituzioni dettino e applichino le regole, il privato investa. E’ necessario uscire compiutamente da logiche esclusivamente produttivistiche: non basta occupare, bisogna fare buona e qualificata occupazione, e produrre con qualità nel rispetto del territorio».

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Scritto da il 21.8.2005. Registrato sotto Senza categoria. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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